Una cosa di cui è facile accorgersi è come molti dizionari della lingua italiana non rechino più nell'ultima pagina, o nella prima, a seconda delle consuetudini, la data di stampa (´Finito di stampare il...ª). Ed il motivo è semplice: una volta l'edizione veniva aggiornata più o meno ogni diecina d'anni, ma ora la rapidità con cui la lingua acquisisce parole nuove - di conio o d'importazione - è tale che l'aggiornamento è necessario anche biennalmente; e questa velocizzazione del fenomeno pone un grosso problema. Se devo comprare un nuovo dizionario sceglierò certo il più aggiornato, e se sfogliando in libreria ne trovo uno che risulta p.es. stampato nel gennaio di quest'anno lo preferirò certo a uno che risulti stampato due o tre anni fa. E gli editori, che devono investire nella stampa regolando la tiratura su quanto potranno celermente vendere e quanto gli resterà stoccato in magazzino, preferiscono farsi concorrenza col proprio marchio e il nome dell'illustre linguista che ha guidato la compilazione dell'opera piuttosto che gareggiare sulla freschezza dell'edizione, in cui c'è sempre qualcuno che precede qualcun altro in via oggettiva e per riscontrabile cronologia. Dato quest'ultimo il quale viene quindi sempre più spesso omesso e resta dunque non esplicitato. Qualcuno, per esempio il Devoto-Oli edito da Le Monnier, preferisce pubblicare ogni tot anni, è anche questo un calcolo economico, uno smilzo ´Aggiornamentoª invece dell'intero volumone. (E pure questo senza, beninteso, imprimervi la data). Poi ci sono anche dizionari temporalmente limitati, come il Cortelazzo-Cardinale che include solo quelle abbondanti due migliaia di parole "entrate" fra il 1964 e il 1987. O altri, come il ´Neoitalianoª di Sebastiano Vassalli, che espone in ordine alfabetico le novità lemmistiche del solo intero decennio Ottanta. Il che da sè dimostra l'entità della velocizzazione acquisitiva.
Ho fatto questa premessa per giustificare alcuni passaggi di quanto dirò più avanti. Ci sono vocaboli giovanissimi, in italiano, come ´mappaturaª, ´dopobarbaª, ´duopolioª, ´mammografiaª, ´obliterareª (il brevettatore di quest'ultima sui bus e nelle stazioni meriterebbe pene corporali all'antica), qualcuno dei quali anche precocemente invecchiato e già morente (´mangianastriª, per esempio chi lo usa più anche se, in epoca di dischetti, ne sopravvivono esemplari?). Così come ci sono parole venute da fuori e sedutesi nella nostra lingua come a casa propria (´blitzª, ´machoª, ´surplusª, ´partnerª...) e ibridazioni come ´trippareª, che contiene un vocabolo inglese avvolto nella comoda vestaglia di una desinenza verbale italiana; o ´managerialitàª, termine che invece sostantiva in accezione diversa un altro sostantivo contiguo, riferendolo cioè a qualità invece che a persona. Ci sono poi le parole che subiscono non solo svolte d'uso ma anche di significato: ´cellulareª, esempio facilissimo, sino a poco fa era solo un aggettivo che si usava in biologia, e anche per indicare un furgone segmentato all'interno utilizzato per trasportare prigionieri; ma adesso è soprattutto un sostantivo attribuito ad una cosa che tenete in tasca ed usate per telefonare (e non solo). E qualche volta poi si tratta di vocaboli entrati nell'uso pratico ma di ancora fluida qualità semantica nella loro applicazione. Ed esemplifico con uno di essi, storicizzandolo, analizzandolo e classificandolo più a fondo perché si tratta di parola che quotidianamente incontriamo e abbiamo in bocca da un certo tempo in qua: l'aggettivo ´multimedialeª. Che si applica sia a un produttore che a un'opera, sia a uno strumento che al suo uso.
La parola ha una trentina d'anni: nell'edizione (la cui stampa era ancora datata) del ´Nuovissimo Dardanoª della Curcio, uno dei migliori, del 1971 questa parola ancora non c'era e si passava direttamente da ´multilustreª a ´multimiliardarioª. L'ho trovata solo nell'aggiornamento del Devoto-Oli non datato ma di cui si può approssimare l'età dal fatto che l'avevo comprato sei o sette anni fa. Attenzione però, non come aggettivo ancora bensì come sostantivo: ´multi-mediaª. Che veniva definito, vocabolo composto col trattino in mezzo, importato dall'inglese, come nome di un ´calcolatore elettronico fornito di dispositivi che consentono l'utilizzo di vari supporti (bande perforate, nastri magnetici, ecc.) per la traduzione e memorizzazione dei dati sia in entrata che in uscitaª. Per veder collocato in ordine alfabetico ´multimedialeª e vederlo datato occorre ricorrere al Cortelazzo-Cardinale che ho nominato più su e che possiedo nella riedizione del '92. Vi leggiamo che il termine compare scritto per la prima volta nel 1979 e vuol dire ´che si avvale di molti mass mediaª; in sostanza dunque non più riferito ad attrezzo e a ciò ha nella pancia bensì a linguaggi verso l'esterno (non è detto solo "media" semplici, infatti, perché quel prefisso "mass" racchiude esplicitamente i giornali: cartacei, radiofonici e televisivi), ma anche, per deduzione logica, a chi si dedica a creare questi prodotti e all'àmbito stesso in cui essi si collocano. ´Editoria multimedialeª e ´comunicazione multimedialeª, sono locuzioni infatti in cui incappiamo ad ogni piè sospinto; qualcuno profferisce addirittura ´eventi multimedialiª ma questo è già un errore perché multimediale non può essere certo un evento, cioè un fatto, in sè sibbene solo il modo di diffonderlo. "Evento multimediale" potrebbe infatti intendersi solo la nascita di un nuovo importante prodotto multimedia appunto, o di un grosso specifico salto tecnologico in avanti nel campo elettronico. Cioè di un evento che si verificasse proprio nel mondo stesso della multimedialità.
Andiamo avanti col ´Grande dizionario dell'usoª uscito poco più di un anno fa a cura dell'équipe di linguisti guidata da Tullio De Mauro. Ecco elencate là dentro le datazioni precise della "prima volta" in cui queste parole si son lette stampate: ´multi-mediaª nel 1962 in inglese e nel 1979 in italiano; ´multimedialeª nel 1980; ´multimedialitઠnel 1984. E ci dice che può essere multimediale sia un sistema che un prodotto (c'è, p. es, la "pubblicità multimediale": la stessa immagine può star ferma su una pagina di magazine e animarsi in tv), e che questo comporta pure la possibilità di fruire multimedialmente (oddìo, ho inventato anche l'avverbio!) di un supporto come il CD o il DVD: testo e grafica, immagini fisse e movies, dizione sonora e musica. Integratamente o separatamente. Naturalmente però non bisogna accontentarsi di questi volumi scritti; cos'è che si aggiorna in tempo reale? Internet, e allora cerchiamo anche lì, dove si può trovare qualcosa di meno linguistico ma di più tecnico, e dove il sito della De Agostini per esempio ci dice che la multimedialità elettronica prevede come requisiti per poter essere definita tale intanto il possesso di almeno tre dei linguaggi mediatici che ho poche righe più su elencati, e poi anche una sufficiente possibilità interattiva. E ne ricava, inducendomi ad altre conseguenze che dunque espongo qui commiste, che la TV, pur multimediale (immagini e sonoro, più tempo reale quando sia in "diretta"), è invece, allo stato e fin che non andrà in Web anch'essa, scarsamente interattiva con l'utente (solo zapping intercanale e il mezzo telefonico: avete presente Mara Venier o Maria de Filippi, che chiedono ´Buonasera, da dove sta chiamando?ª) mentre lo è al suo interno: collegabilità con le redazioni, gli inviati o gli ospiti in ogni parte del mondo e uso della videoconferenza. Invece il computer consente multimedialità di colloquio anche da parte del proprio fruitore: tastiera, mouse, pad, joystick, tavoletta elettronica, wireless e comandi vocali.
Non è finita; in rete c'è anche un'enciclopedia informatica che si chiama ´Sapendiª e che ci può informare di cos'è (in informatica specificamente, essa sottolinea, poiché il termine può anche, e con evidenza, non riguardare le sole tecniche elettroniche) ´multimedialeª. Avevo digitato nell'apposita finestrella questo aggettivo ed avevo cliccato ´Cercaª. Devo dire che la risposta è stata ricca, anche se interna a un'ottica unica. Essa infatti lo riferisce solo a un ´sistema per la gestione e visualizzazioneª il quale dispone di diversi e integrabili linguaggi, e che soprattutto consente criteri ´non sequenzialiª ma ´associativiª. Con riguardo cioè all'ipertestualità e dunque all'aver disponibili una serie di link. Gli usi con cui esemplifica tutto ciò - ma ce ne sono evidentemente molti altri - sono quelli soprattutto riferiti alla catalogazione artistica ed alle ricognizioni museali da un lato, e dall'altro a tutta una serie possibile di didattica a distanza nei più vari campi dello scibile. E resta comunque sul termine ancora qualcosa da indagare: quando cioè questo aggettivo ´multimedialeª esce dal campo stretto dell'informatica includendovi anche una medialità che elettronica non è.
Mi spiego. In una lingua nessun comparto specifico di essa è mai padrone di una parola. Essa viaggia fra i settori della mente con precise e qualche volta fantasiose intercambiabilità. Non voglio spingermi fino alla iperbole e alla metafora che appartengono ai rètori ed ai poeti, ma basta attenersi appunto solo alle modalità d'uso corrente che ad un vocabolo si possono applicare. E allora, restando fermo che è con riferimento ristretto a quanto è computerizzato che ´multimedialeª ricorre nel lessico in modo più ordinario, e che quindi comunemente ´editore multimedialeª è chi mette sul mercato prodotti elettronici possessori di più linguaggi, così come profitta di ´utenza multimedialeª chiunque sieda davanti a un computer, non sarà possibile che il termine sfori questo recinto informatico includendo - come dicono i primi classificatori di questa parola, Cortelazzo cioé e Cardinale, e conferma in fondo anche chi per ultimo e più di recente l'ha inclusa in un dizionario ragionato, cioè De Mauro - anche coloro che più mass media producono, non necessariamente tutti elettronici? Gli esempi che faccio sono due e il primo riguarda il De Mauro stesso.
L'editrice del suo maxidizionario, la UTET, l'ha messo sul mercato in sei volumoni rilegati e un settimo che invece è contenitore di un CD il quale li contiene duplicati elettronicamente tutti e sei. Il dizionario, per cui il tuo indice sarà una volta girapagina e una volta cliccatore, può essere quindi consultato e letto, in identica forma, sia su carta che su vetro. Non sarà allora per caso ´editrice multimedialeª, e proprio perciò, anche questa UTET, essendo indiscutibilmente medium pure il suo prodotto principale, cartaceo, al quale l'altro funge da formidabile accessorio tascabile? L'altro esempio riguarda i quotidiani che hanno anche la versione on line. Come non considerare ´testata multimedialeª il ´New York Timesª o il ´Corriere della Seraª, ma sono ormai una moltitudine, che sfornano l'identico prodotto sia tramite edicola che tramite Internet? E ciò anche se una sola delle due versioni permette accesso per via elettronica e l'altra servirà dopo pure per farne cartocci? Alcuni di questi giornali riproducono pari pari le singole pagine uscite in edicola e altri usano invece grafiche diverse, ma insomma sono due modi per leggere la stessa cosa; e se voglio conservarne alcunché, in un caso strapperò una pagina o ritaglierò un articolo o una foto e nell'altro me lo riprodurrò accendendo la mia stampante. E non è multimediale una testata su carta che magari in Internet non sia replicata ma che possieda però anche una televisione, o una radio, o tutte e due, per fornire anche attraverso un altro paio di media lo stesso articolato prodotto? Io direi proprio di sì. Già una ventina d'anni fa molti quotidiani possedevano anche una televisione ed erano dunque a pieno titolo definibili come multimediali anche se non arrivavano ancora sui computer che quasi nessuno di noi a quel tempo possedeva in casa.
Come tante altre parole nate in un comparto e poi sconfinate in altri (´impattoª era un termine solo balistico, no? e poi è finito adoperato pure in psicologia) anche ´multimedialeª non è sottraibile a questa sorte. Medium è sempre e comunque qualcosa che rappresenta vettore di prodotto umano materiale o immateriale "da... a..." in qualsiasi escogitato o escogitabile modo. E persino Michelangelo era un artista bimediale, per stravagante possa sembrare dirlo così, in quanto era capace di fare una Pietà sia servendosi di pennelli e tela che di scalpello e marmo.