Ogni tanto trovo delle vere piccole perle, nelle tesine sui linguaggi e sui vettori comunicativi che assegno per gli esami della mia materia universitaria. Nel senso di originalità d'argomento e interesse fruttato da ricerca. Questa è di una mia studentessa di Trieste che si chiama Caterina e mi pare il caso di dare vetrina in questa rubrica a una parte dei materiali da lei raccolti, costituendo essi informazione e dati che ritengo assolutamente utile sian portati ad un arco più ampio di conoscenza (e di riflessione). Perché esiste e come, anche se non è sotto i riflettori come quella audio e quella visiva, anche una comunicazione olfattiva. Pensate infatti a quanti messaggi raccoglie, accanto a quelli che ci pervengono tramite gli occhi e le orecchie, anche il nostro naso. Messaggi, come dire, di nascita spontanea e destinati erga omnes e non a target particolari, come quelli - che so - dei fiori o dell'interno di una salumeria o di un gabinetto medico, ma anche messaggi volitivamente prodotti e mirati perché ne accompagnino ed arricchiscano altri; o abbiano, spesso, pure significato autonomo e qualche volta fascinosamente artato. Messaggi, questi ultimi, che nell'epoca attuale hanno naturalmente bisogno, per raggiungerci, anche di tecniche sofisticate e di supporti, perché no, oggi come oggi e nel prossimo domani, pure elettronici. E non raramente subliminali. Dico subito che sono due i campi primari in cui galoppa planetariamente la sperimentazione della messaggistica odorosa e in cui possiamo letteralmente - è bene esserci preparati - aspettarci di tutto: lo spettacolo, specie il cinema, e la grande distribuzione commerciale, specie il suo ramo alimentare. Saran cent'anni, anche se non pare, che si lavora in queste direzioni, e poteva oggi come oggi mancare il concorso del Web? Gli odori in rete, profumare una e-mail o un CD, ma dài, ma come è possibile... La soluzione, come in ogni buon giallo, è semplicissima e la leggerete nelle ultime righe del presente testo perché aspetterò d'essere giunto a quelle per scriverla. Ma non andate a guardarle subito perché non vale. Con Agatha Christie non lo fareste.
Intendiamoci, i nostri sensi sin qui nominati sono tre ma noi ne possediamo cinque come si sa, e ad uno di essi, il tatto, l'elettronica ha per esempio già sperimentato con successo di fornire proiezione a distanza: fra polpastrelli miei ed epidermide tua ci potranno essere cinquecento chilometri o anche un Oceano, ma lasciamo che s'interpongano fra noi appositamente un po' di chips e un flusso di impulsi elettromagnetici e noi ci sentiremo come fossimo accomodati sullo stesso divano. I cibernetici più forsennati asseriscono che, purché si tengano gli occhi voltati per non vedere le spine ed i cavetti, persino far l'amore a distanza non è male: le carezze che arrivano a lei sono proprio le tue e il corpo che tu percorri è proprio il suo; in reciproco e sensibilissimo tempo reale. Certo, occorrono guanti ed adesivi speciali e magari un video per accertarsi bene dell'identità del partner ma il tutto, alla fine, fa un po' orrore: come effettuare in videoconferenza un consulto di psicoterapeuti mentre sul lettino a blablare ci sia impudicamente tu a svelare il tuo interiore sino all'ultima e più profonda latèbra. Quanto al quinto di questi sensi, che è il gusto, se qualcuno solo tentasse di intermediare elettronicamente il rapporto fra il mio palato e le mie papille linguali da un lato e un denso sugo di goulash oppure una granita di limone e gelsomino dall'altro, credo che mi sentirei anche pronto ad uccidere.
PARLIAMO PRIMA DEL CINEMA. Era ancora muto quando qualcuno, nel lontanissimo 1906, ebbe per primo l'idea di spruzzare in sala essenza di rose in coincidenza con le scene più romantiche. Ma si trattava di qualcosa di molto artigianale che suscitò solo una sconcertata curiosità, e solo a metà secolo entrò in campo la grande industria con un brevetto della General Electric che dotò alcune sale cinematografiche americane di un ingombrante macchinario capace di caratterizzare in vario modo alle narici degli spettatori alcuni passaggi del film. Come anche abbastanza ovvio, non fu una di quelle trovate che "sfondano" e appunto per questa sua macchinosità. Così come non produsse successo di biglietteria, e fu infatti subito abbandonato, un altro brevetto chiamato AromaRama capace di emettere odori attraverso il sistema di condizionamento dell'aria. Probabilmente anche perché esso fu inaugurato nel dicembre 1959 con un film horror che in più d'una scena richiedeva dei veri e propri miasmi. Una tecnica più sofisticata e costosa venne adottata successivamente, quella di un tubicino collegato con ciascuna poltrona da cui veniva emanato un odore o un altro a seconda della scena, che poi un ventilatore cercava di eliminare quando ne era cessata la particolare funzionalità. Si chiamava Smell-O-Vision ma non attecchì perché erano troppo poche le sale cinematografiche disposte a un investimento così costoso.
Diciamo la verità: il sonoro era venuto incontro a un bisogno reale del pubblico, così come poi il colore costituì invece un'attrattiva aggiunta irresistibile, ma era davvero qualcosa di incrementante pepe alla commedia o pathos al dramma il provocare anche l'allineamento delle nostre nari ai timpani e alle pupille? Incontriamo sovente nei magazines una piegatura gommata di pagina pubblicitaria che a sollevarla emette un gradevole effluvio. Ma non viene giustamente in testa a nessun editore di usare questa tecnica per scaldare di odori sulfurei un canto dell'«Inferno» o per rendere più suggestivo con odori di vendemmia il «San Martino» di Carducci. Che mai ce ne faremmo, infatti? La scelta anche fonetica delle parole e la cadenza dei versi da parte del poeta evocano già tutto quanto virtualmente ci appaga anche sotto questo profilo. Eppure la IPS di Milano tornò alla carica nei cinema (1981) con una trovata anch'essa brevettata che si avvaleva proprio di questa tecnica qui, molto più economica delle precedenti ma anche un tantino ridicola. Al botteghino veniva consegnato a ciascun spettatore un cartoncino diviso in caselle numerate da uno a dieci e, quando sullo schermo per un attimo compariva un numero, egli doveva immediatamente grattare la casella corrispondente. Ricevendo così subito da lì l'odore giusto per meglio immedesimarsi in quella scena. Naturalmente però gli spettatori, presi dalla trama, si dimenticavano regolarmente di grattare, o perdevano tempestività non ricordando in che tasca avessero messo il cartoncino, o al buio non distinguevano bene la casella giusta e si procuravano odor di stalla al posto di quello di violetta o viceversa. E anche questo marchingegno, magari buono per altre circostanze, al cinema fallì. Nonostante lo avesse adottato perfino la quadrata BBC inglese imbustando un cartoncino così all'interno di un settimanale perché fosse utilizzato in casa durante determinati suoi spettacoli televisivi. Procurò, com'era naturale, più ilarità di gioco e di sfottò che emozioni accrescitive nel recepire le storie che sullo schermo venivano svolgendosi.
L'ultimo tentativo cronologicamente noto al di fuori di altre escogitazioni sperimentali ancora riservate (figuratevi quanti sono i produttori di spettacolo che purtroppo tuttora non demordono) è a un livello comunque più serio. Si tratta del film di Luc Besson «Le Grand Bleu», del 1989. E' una storia ambientata in gran parte negli abissi e dunque una costante di odori marini a base di salsedine caratterizzava accettabilmente l'intera durata della pellicola. Perché uno degli ostacoli maggiori a questi messaggi olfattivi è sempre stata, come si capisce, la persistenza inerziale degli odori e la difficoltà a dissolverli rapidamente del tutto per sostituirli pulitamente con degli altri. In questo caso invece bastava un odore solo e costante. E il futuro? Una società francese, la France Télécom Recherche & Développement, studia e prova da anni nuove tecniche promettenti mirabilia e non è detto che non riesca, mamma mia, a inserirle anche nei DVD. Prepariamoci dunque ad assaporare in salotto non solo fragranze di romantica tuberosa e di appetitoso pesce fritto ma anche di tritolo esploso e di sudore d'amanti. Non ci saranno limiti e forse, ahimè, ci abitueremo pure.
PASSIAMO AL COMMERCIO. I più interessati ai messaggi odoriferi sono grandi magazzini e supermercati, o certi uffici aziendali. Gli strumenti più semplici sembrano essere i condizionatori d'aria, con qualche accorgimento mereceologico particolare settore per settore. Scartiamo subito autentici espedienti-truffa che pur da qualche produttore sono stati attuati; come quello di impregnare di aroma cuoio delle borse invece fatte di materiale plastico, o di conferire odor di lana pregiata a qualità più scadenti. E' stato comunque provato che profumare leggermente l'atmosfera interna di punti vendita induce anche inconsapevolmente il visitatore a trattenersi più a lungo al loro interno. Il che, pelosamente, fa conseguire indulgenza ad altri acquisti. Il famoso maxiemporio «Harrod's» di Londra, per esempio, di queste "gratificazioni persuasive" ha fatto largo impiego. Sia nei confronti del consumatore che per stimolazione del proprio stesso personale. Un'indagine di Demoskopea dimostra che in materia di acquisti, e soprattutto per quanto riguarda i prodotti alimentari anche se non freschi, l'olfatto affianca in modo determinante pur se talvolta inconsapevole gli altri sensi, e ciò dunque moltiplica i messaggi olfattivi cui pongono cura i produttori. Ricerche specifiche in questo senso, a quanto se ne sa, non le fa solo la Colgate-Palmolive per ragioni evidenti di settore, ma anche, per dire, la Merloni-Elettrodomestici e questo è siginificativo perché riguarda dunque anche lavabiancheria e lavastoviglie di quella marca.
Esistono già addirittura dei veri e propri loghi olfattivi aziendali, o di marchio. Uno dei più consolidati da tempo è quello della Borotalco, che consiste nella vanillina aggiunta a questo scopo al prodotto, emanando così anche all'esterno della confezione una fragranza fresca e suadente. E molti sondaggi confermerebbero che una nota marca di candeggina, per esempio, è preferita più per il suo caratteristico profumo evocante pulizia ed igiene che per altre sue performances. Altri "ganci" gettati dalla comunicazione olfattiva sono basati su associazioni di idee: essenza di limone & detersivi per piatti, di lavanda & biancheria da letto, di menta & frescura in genere, ecc. Vista e udito (quest'ultimo sempre meno a causa dell'inquinamento acustico) sono per i consumatori strumenti più attenti e più critici, di solito, mentre l'olfatto agisce maggiormente mosso dall'inconscio e quindi non in modo volontario. E' dunque il senso più esposto ad emozionarci e forse anche a tradirci. Ecco perché talvolta si usano odori che non appartengono a una precisa componente del prodotto ma che semplicemente evocano alla memoria una serie di ricordi piacevoli di vario tipo ma comunque influenzanti disponibilità. Una sala giochi inglese ha visto incrementare del 50% i propri utili solo usando uno spray dalla composizione chimica particolarmente cattivante. Il Saint Croix Memorial Hospital (Wisconsin, USA) diffonde aromi calmanti nella propria sala d'attesa allo scopo benevolo di diminuire le ansie. Ed esiste una particolare terapia medica che dietologhi sempre americani usano conferendo odori forti ed appetitosi a cibi che sono opportunamente invece a bassissimo contenuto calorico. Val la pena di aggiungere che, sotto il profilo etico, queste èsche tecniche possono essere positive o neutre ma sono anche potenzialmente negative fino al pericolo? Chiaramente no: è sempre, infatti, uno spray che può incitare a ferocia un cane o provocare irresistibili stimoli afrodisiaci negli umani, e con questo tipo di esempi mi fermo deliberatamente qui, per motivi che sono comprensibilissimi. E pensare che una volta, al contrario, i produttori badavano bene a eliminare ogni e qualsiasi effluvio dalle loro merci per la prudenza verso come li avrebbero graditi o meno le singole componenti di un mercato che per questo avrebbe anche potuto restringersi
A differenza del messaggio visivo che s'imprime prevalentemente in quella attiva da cui è scopertamente richiamabile ed all'istante decodificabile, il messaggio olfattivo agisce in modo forte e inconsapevole sin sulla memoria profonda e anche seppellita dell'individuo. In quei suoi luoghi remoti che egli non può attingere con l'attività razionale della propria mente. E' chiaro che quand'era selvaggio e non ancora sapiens, anche l'uomo come tutti gli altri animali, aveva un olfatto finissimo e molto sviluppato, facente capo ai suoi centri cerebrali, che gli era prezioso per le proprie esigenze primarie, attività, relazioni, iniziative, indagini, ed era nel contempo proprio strumento indispensabile d'autoprotezione e di difesa. Umanizzarci, civilizzarci, raggrupparci, intellettualizzarci, saperci costruire strumenti prima meccanici, poi mossi da vapore e poi da elettricità, e infine elettronici e intelligenti al posto nostro, ha affinato alcune nostre qualità ma ne ha ottuse alcune altre e fra esse l'uso permanente e istintivo dell'olfatto; rimasto per grandissima parte relazionalmente confinato, e in gran parte proprio disattivato nelle sue connessioni, in fondo al subconscio. Questo lo sanno bene i ricercatori, gli organizzatori, gli ottimizzatori più attenti ai risultati pratici; che possono essere solo pragmatici ma anche diventare in certa misura cinici. Lo sa bene per esempio la giapponese Shiseido, una nota leader della cosmesi e della profumeria mondiale, la quale usa aromi e fragranze diffuse negli ambienti per scandire la giornata lavorativa dei propri dipendenti. Alternando con questo mezzo iniziali sferzate d'energìa, stimoli a concentrazione, sollievo di relaxe, ricarica per le ultime ore. Mentre un grande magazzino di Düsseldorf diffonde al proprio interno essenze di foglie, fiori, frutta, che inducono il cliente a un rallentamento di andatura nel percorrere i suoi reparti; ed è chiaro perché. Ma anche la struttura che gestisce il Métro di Parigi e l'omologa ATM milanese hanno messo in cantiere studi ed esperimenti denominati di «marketing olfattivo». Nihil sub sole novi, se è vero che fin dal primo secolo dopo Cristo i cinesi imponevano le loro sete sugli altri mercati semplicemente con l'accortezza di profumarle: è antica assai, la comunicazione olfattiva a scopi mercantili.
SIAMO AL WEB, SIAMO A INTERNET. Come si possono raggiungere narici di utenti da browser a computer, e da computer a computer via server? Abbiamo imparato a trasmettere impulsi elettrici, poi sonori, poi ottici, poi addirittura tàttili. Ma impulsi olfattivi, via, è impossibile: gli odori sono di natura chimica, non fisica. E invece è assai semplice, anche se ce n'è voluto per finalmente arrivarci: immaginate - ve l'avevo promesso all'inizio - il classico finale di Holmes o di Poirot o di Nero Wolfe o di Maigret o del tenente Colombo che, presenti tutti i protagonisti, svelano come qualcosa che pareva impossibile e complesso sia invece pratico, fattibile, divenuto evidentissimo una volta illuminato da opportuna angolazione, ed escono olimpicamente di tasca la chiave del mistero che, introdotta nella giusta toppa, apre la porta dell'enigma e lo espone lì nudo e chiarissimo, trasparente addirittura, tipo "come mai non ci ho pensato prima?". La espongo qui di seguito in pochissime righe, la tanto clamorosa quanto logica soluzione. La comunicazione olfattiva si svolgerà così: non farete un impossibile download di odori bensì di normalissimi codici digitali, ed essi attiveranno una cartuccia sostituibile presente nel vostro computer ed assolutamente analoga a quella per i colori di cui è dotata la sua stampante. Sarà essa a contenere materialmente 128 minidosi di fragranze-base concentrate e miscelabili allo stesso modo in cui l'altra può produrre 16 milioni di sfumature di colori tutte diverse. Il risultato sarà esalato verso di voi da apposito spiraglio nella base del computer stesso per un breve e sufficente tempo stabilito. La sua potenza sarà misurata perché raggiunga solo voi senza propagarsi oltre le vostre spalle e per un tempo breve ma sufficiente. Dopodiché un miniaspiratore la risucchierà eliminandola. Elementare, Watson.
Tutto qui, ma occorre ancora una piccola appendice di cronaca. La società inventrice e brevettatrice si chiama Digiscents ed è californiana. Già sei anni fa aveva prodotto un prototipo di questa cartuccia migliorandolo in ben quattro successive generazioni sperimentali ma l'investimento finanziario era stato talmente ingente che nel 2001 è fallita. Adesso il progetto è stato appena ripreso da un'altra impresa statunitense di nome TriSenx la quale ha inserito nella home page del proprio sito questa frase: «Tenetevi pronti, perché il futuro è così vicino che potete odorarlo». Sarà per noi necessario comprare questo programma appena esso farà irruzione sul mercato? Si tratta di qualcosa di così futile e superfluo da farci pronunciare senza esitazioni un «No» bello e stentoreo. Ma con tutti i soldi investiti che quelli avranno da recuperare immaginate benissimo quale pressione mediatica si eserciterà su di noi per farci credere che non ne possiamo fare a meno. Non vi siete accorti per esempio che da qualche settimana siamo bombardati ogni sera da spot televisivi i quali vogliono persuaderci di come sia per noi irrinunciabile possedere uno schermo anche sul nostro telefono fisso, per vedere in faccia e a colori il nostro interlocutore e contemporaneamente mostrare noi a lui? Ma insomma, il videocitofono è sì uno strumento di cautela: voglio vedere quella faccia perché è proprio a mia protezione che voglio sapere a chi sto aprendo, col premere l'apposito pulsante, il portone di casa. Ma il videotelefono, andiamo!? Su quello, caro ed ingenuo gregge di consumatori, bisognerà organizzarci a resistere, nonostante le condizioni superagevolate che certamente saran pronti ad offrirci, se vogliamo salvare almeno qualcosa della nostra privacy di fronte a chi vuol far soldi anche oltrepassando il livello di utilità reale di quel che ci si vuol vendere.
Tutte le notizie che sono inserite nel filo del discorso di questa rubrica le ha raccolte e collegate - giusto che lo ripeta qui e conclusivamente lo sottolinei - la studentessa Caterina allo scopo di sostenere con me l'esame di Teoria e Tecniche della Comunicazione di Massa. Brava Caterina, grazie Caterina.