Userò materiali diversi, forse anche eterogenei, per questa prima rubrica del 2004 dedicata alla postmodernità che caratterizza ormai a pieno orizzonte la nostra vita di relazione. L'assunto però è unico: evidenziare come siamo "marcati stretti", e sempre più stretti, nei nostri comportamenti quotidiani; e anche sospinti nelle nostre voglie, sorvegliati nei nostri atti, ammaestrati nel nostro apparire. Come insomma il nostro libero arbitrio si aggiri in recinti sempre più angusti (oh, sì, violabili lo stesso ogni quando volessimo, ma a pena di emarginazione e di sospetto, spesso anche di punizione) e come risulti sempre più fortemente percepibile che l'idea aleggiante là dove si pigiano i bottoni consideri ottimale per ciascuno di noi lo spazio mentale natatorio di cui dispone il pesciolino rosso nella sua classica boccia. Più le tecnologìe aprono spazi immensi che potrebbero essere di libertà, più infatti i contenuti che alle stesse vengono dati si adoperano invece a rinchiuderli o almeno a restringerli fortemente.

Com'è che la televisione, per esempio, non fa che moltiplicare emittenti e canali e la possibilità di scegliere i suoi programmi è invece sempre più ridotta? Perché per scegliere occorre varietà, e invece questi programmi sono sempre più uniformi ed omologati, si copiano uno con l'altro, si autocelebrano come fossero prodotti preziosi e dunque meritevoli d'essere modello squisito e di dar quindi luogo a continua, clonata e riclonata, proliferazione. Pilotati come sono dalla pubblicità, non godono neppure di quell'autonomia tematica e creativa che la concorrenza dovrebbe produrre se non fosse ormai posticcia anche quella. Se sbuca qualcosa che esce della righe, viene implacabilmente espunta. Non dal pubblico, naturalmente, ma dai vigilantes, chiamiamoli così.

Succede che uno si allontani dall'edicola dopo aver comprato i suoi giornali e che debba però trovarsi a camminare con un notevole peso in più sotto il braccio. Perché gli editori hanno paura che gli scappi e allora ti soffocano con omaggi e gadget; parte a pagamento ma parte gratis, e son così pure i settimanali. Non puoi neanche rifiutarli perché sono cellofanati (questi) in unico pacco che insieme alle riviste contiene dépliants di fantasmagoriche offerte e/o una cassetta o un CD, ma anche un ombrello corto, o un paio di guanti o una sciarpa. Qualche settimana fa in un magazine ci ho trovato un tanga di quelli fatti con due stringhettine ed un sommario isoscele, che non son neanche riuscito a sbolognare perché troppo esiguo e m'imbarazzava proporlo. Eppure se era cellofanato assieme a quelle pagine un motivo, statene certi, ci sarà. Non occorre metterselo, basta si sparga la voce della trovata.

Anche i gestori di cinema vi rincorrono, perché il pubblico a loro non basta mai e se, per dire, il degenere figliolo del povero grande De Sica fa «Vacanze in India», voi dovete andarlo a vedere e il suo trailer vi farà cucù perfino dal video del vostro computer. Ieri ho notato nell'atrio di un cinema un cartello annunciante che per ogni cinque biglietti staccati (e qui un elenco di sette sale) e conservati lo spettatore riceverà in dono una borsa, e per ogni dieci una stilografica Parker. E' un modo di proporsi che in altri campi si chiama adescamento. Poi dicevo dei trailer; ma nel computer chi se li va mai a guardare, ché già ce ne saziano avanspettacoli e televisione? Eh, no: te lo inventano subito il motivo per cui tu debba essere motivato a cercarti i trailer anche in Internet, uffa, fra una ricerca di lavoro ed una postale. Perché in quelli Disney ci troverai giochini da scaricare per i bambini - che, aizzati a parte, li vogliono. Da quello dell'«Ultimo samurai» potrai tirarti giù in download i bozzetti di costumi di scena che son suggestivi. Quello di «Master & Commander» ti aggiungerà un backstage da cui risultano i trucchi per infilare il bastimento fra marosi impressionanti creati in una vasca di migliaia di metri quadri con gigantesche invisibili gru che lo impennano e lo scuotono. E in quello dell'ultimo angoscioso thriller di Dario Argento troverai un tavoliere elettronico predisposto per il poker, che è lo stesso con cui nel film investigatori e maniaco assassino giocano macabre ed eccitanti partite le quali hanno vite umane per posta. Io stesso ne ho giocate per sfizio due, usando mouse e tastiera, con quel misterioso serial killer, e non vi dirò mica come sono finite.

Gli aspetti comunicativi più artatamente coinvolgenti si colgono però negli spot. Ce n'è uno, che esiste sia in versione radiofonica che televisiva, il quale risulta ormai ossessivo per il ricevente ma è nel contempo anche rivelatore (hehè) di un certo nervosismo da parte dei suoi danti causa. Che nella fattispecie si sintetizzano, e ciò inquieta ancora di più, in una fonte governativa. La sua headline, l'avrete certo presente, è «L'economia gira con te»; ed è preceduta da vario tipo di "scenette" da cui risulta che tu devi comprare e comprare, qualsiasi cosa ma comprare, Perché se no ti si fa implicito carico, incomplessendoti, di venir meno a una responsabilità precisa verso il nostro sistema produttivo; di essere cioè un cattivo cittadino e un pessimo esempio per gli altri, a cominciare dai tuoi figli. Come non osservare con preoccupazione che ciò rappresenta un vero e proprio capovolgimento della normalità e che è ad esso che veniamo insensibilmente indotti? Una comunità ha per necessario di produrre quanto le abbisogna; quel che non può accettarsi è l'inverso: cioè che la filosofia della vita sia produrre in quanto il prodotto è fonte di profitto. E che dunque occorra spingere la massa a remunerare investimenti mediante l'intensificare il proprio esser acquirenti di merci anche ben al di là del bisogno reale che si ha di possederle o di farsene consumatori. E' una distorsione aberrante, che pone anche la politica alla mercé dei produttori e ai produttori assegna ruoli di comando anche nei confronti di essa. Le male leggi del capitale e i danni sociali che producono è da metà Ottocento che sono state messe in luce, e come mai non si è ancora riusciti a smantellarle? Sono davvero più forti di noi? O siamo noi soggetti deboli e pronti a farci docilmente ipnotizzare?

La comunicazione è un valore insopprimibile, il più qualificante in assoluto per l'umanità, ma quando i comunicatori non siamo più io e te, privati inter pares, non sono più i possessori di scienza ed i poeti, non sono più personalità educanti e leaders spirituali, ma sono invece riusciti a diventare predominanti assoluti nell'occupare il tuo campo ottico ed auricolare tutti i Dulcamara della politica e della finanza, e in modo assolutamente unilaterale, allora il coefficente di pericolo è già arrivato all'allarme rosso ed è già tempo di esse-o-esse e contromisure. Esistono per esempio associazioni di consumatori e di utenti opportunamente meritevoli di attivazione e mobilitazione. Per esempio contro la ventilata legge abrogativa della par condicio, normativa che conteneva sì grossi difetti ma anche forme precise di tutela, mentre ora si vorrebbe ripristinare pure in campagna elettorale il principio che chi ha più mezzi fa più propaganda e senza diritto di replica. Bravo davvero, nostro Fratel Comunicatore che ti occupi tanto di noi. E brava anche la comunicazione in materia di credito: «Fìdati della tua banca» tambureggiano gli spot (ma perché mai dovrei fidarmi di istituti che si trattengono, e in crescita, gli interessi passivi e di fatto non mi pagano più quelli attivi, e invece coprono tutti i buchi delle varie Parmalat e i loro bilanci menzogneri?). O fidarmi dei famosi Fondi che fanno dal video così seducenti còccole promettenti eterna agiatezza se gli dài da gestire i tuoi risparmi o la tua pensione perché facciano da massa liquida nelle loro transazioni dalle quali sarà, ma non sempre, ricavata una mancia anche per te.

Ho ricevuto una e-mail, nei giorni scorsi, che testimonia febbre epocale di comunicatori e di intercettatori di comunicazione. Vale la pena che la riproduca letteralmente. Eccola:
«PRELIMINARY INVESTIGATIONS WERE STARTED
Ladies and Gentlemen, downloading of Movies, MP3s and Software is illegal and punishable by law. We hereby inform you that your computer was scanned under the IP 172.98.145.157 . The contents of your computer were confiscated as an evidence, and you will be indicated. In the next days you will receive the charge in writing. In the Reference code: #56202, are all files, that we found on your computer.
The sender address of this mail was masked, to fend off mail bombs.
- You get more detailed information by the Federal Bureau of Investigation -FBI- Department for "Illegal Internet Downloads", Room 7350 - 935 Pennsylvania Avenue - Washington, DC 20535, USA - (202) 324-3000».
L'indirizzo mittente è effettivamente «mascherato», come è annunciato, per non esporlo a ricevere, con la psicosi terroristica che c'è, «bombe postali» (sic!), e anche quello mio di destinatario è sostituito da un codice. Naturalmente è di cattivo gusto se è uno scherzo, se invece è roba vera è gravissima. Ma probabilmente non è né l'uno né l'altra, anche se è frutto comunque di terrorismo allo stato puro. Qui c'è un'affermazione: che il mio computer è stato visitato, che i suoi contenuti sono stati sequestrati come prova e che io sono sotto inchiesta. Se davvero me ne arriverà anche - pure questo è annunciato - notificazione scritta, sarò allora io, però, a presentare denuncia contro ignoti per violazioni subìte. E anche per calunnia, perché da quando possiedo modem non ho mai scaricato né filmati, né files musicali, né software di alcun genere se non quello offerto gratuitamente dal mio server per attivare collegamenti via webcamera. Ho scaricato per anni solo testi e immagini, tanti, ma tutti free e non protetti da copyright, quindi senza commettere mai illecito alcuno. Credo che la maggioranza di noi che col computer ci lavoriamo si regoli così nelle sue lunghe/larghe navigazioni in Internet.

E allora? L'FBI ha certo ben altro da fare che occuparsi di me e di una quantità enorme di singoli come me. E inoltre sarebbe intollerabile che la polizia di un altro Paese entrasse nel mio computer e me ne informasse pure direttamente, senza avere per tramite la polizia postale del mio Paese; così come sarebbe strano usasse, come ha usato, un server italiano come indirizzo mittente. Devo all'efficenza della mia assistente (un'altra volta grazie, Eleonora) la messa in contatto praticamente immediato con il sito ufficiale del Federal Bureau of Investigations statunitense e l'aver potuto leggere, per la mail da me ricevuta, trattarsi di una bufala e anzi la richiesta di inoltrarla a loro per indagini sull'abuso di nome. Chi mette in circolazione dunque queste cose se non un «comunicatore» che non vuol essere snobbato e che vuol solo ricordare la sua merce in etere esserci e che, purché si paghi, scaricata essere lo può? E' insomma anche questo un modo di incalzare utenti potenziali e che si presuppongono, poiché le statistiche dicono così, avere carbone bagnato - ed essere quindi spaventabili - anche quando ce l'hanno asciutto. Un rapido giro di telefonate e ho accertato io stesso quante mail più o meno analoghe arrivino anche ad altri computer privati, coprendosi o no con la sigla FBI. E allora, dato che per questa cosa mi sono arrabbiato molto, fate come me: se vi arriva una cosa del genere inoltratela subito, completa di orario d'emissione e degli estremi di mittenza, all'apposito "ufficio antibufala" dei federali USA, che risponde a questo specifico indirizzo: <www.ifccfbi.gov>.

Io lo so benissimo e non da adesso che i nostri computer sono spiati. Ma sarà piuttosto la CIA a tener casomai d'occhio certi politici e, come abbiamo telecamere puntate addosso in banca, alla posta, negli uffici pubblici, nei negozi e adesso anche per la strada, così abbiamo chi ci registra sito per sito da noi frequentato e poi ci trattiene, meticolosamente archiviati, nel mirino per sue ragioni commerciali. Una volta stabilito il gancio, non fatevi illusioni, un occhio elettronico potrà certamente leggere cosa c'è e cosa non c'è nei nostri dischi di memoria; proprio come se avesse la nostra valigia sotto il videoscanner del cheek-in aereoportuale o ci stesse facendo una TAC. Oggi serve per tenerci sotto pressione come consumatori che vengono voluti eccitabili ma passivi, domani ci potrebbe anche essere chi sia tentato a farlo per controllarci come cittadini pensanti. Non è mai male dunque insistere, come son solito io, sempre e fortemente sin d'ora su questa possibilità da sventare per tempo perché se no, dopo, riuscirci sarà davvero difficile.

Oggi è uscito in edicola un mensile di grande diffusione che in copertina, da una signora il cui viso non conta perché seminascosto dalla chioma, fa annunciare, braccia alzate, ascelle avanti, seni a bandiera, il 2004 come l'«Anno Sexy». Gli ipertesti ci hanno insegnato a leggere dietro, però, e dietro è facilissimo leggere - basterebbe cercarlo - un abbastanza smaccato: «Distraetevi, distraetevi, così non disturbate i manovratori mentre siamo affacendati a modificare il mondo come serve a noi». All'Università di Torino oggi è esposto nella camera ardente il corpo che fu di Norberto Bobbio. Ma perché questi deludenti anni Duemila non fanno più scorgere in giro menti, e soprattutto caratteri, di quella tempra lì?