E' morto Crepax e si era fatto precedere dalla sua Valentina, il famoso personaggio glamour che, ammalato, non disegnava infatti più da qualche anno, dopo averla sotto la sua matita fatta nascere ventenne e averla fatta crescere, d'avventura in avventura, fino a restare un ancora delizioso nudino nonostante la quarantina passata; piccola bocca, occhi vivaci, caschetto nero a frangia: un'icona. Anche il fumetto è una forma di comunicazione di massa; e abbastanza antica, altresì. Quanti vasi ellenici han mostrato storie a giro lungo la loro circonferenza, quanti capolettera miniati su pergamena han contenuto figure seriali, e quante cattedrali han rappresentato dentro riquadri scene in consecuzione sui loro portali bronzei? E gli anonimi autori della Colonna Traiana, e il Giotto della Cappella degli Scrovegni, che altro hanno fatto se non visualizzare in sequenza, scalpello o pennello, collegate scene da tramandare? Tutte le Viae Crucis che conosciamo sono "figurazioni in dodici tavole", ognuna delle quali chiamiamo stazione, di un medesimo bimillenario racconto. Ieri solo di edicola, oggi anche di libreria, il fumetto - storia lunga o brevi strips autoconcluse - ha nella sua accezione attuale poco più di un secolo, vanta saggistica ed enciclopedie, e possiamo già storicizzarne la vita suddividendolo a mia spontaneità in tre ère e due ripartizioni.

Nel suo momento delle origini (Yellow Kid, Little Nemo) potrebbe ancora intendersi frutto letterario disegnato, ma poi prende le ali quando diventa "giornalino" o "album", quando i suoi personaggi assumono caratteristiche da vere e proprie "maschere" e i loro nomi, Krazy Kat (di George Harriman), Felix the Cat-MioMao (di Pat Sullivan), Popeye-Bracciodiferro (di Helzie Segar), valgono per i ragazzini quanto Pinocchio e Charlot, avendone in comune il dato favolistico e surreale. La sua prima grande èra è mischiata col cartone animato. Qualcuno dei suoi personaggi è al cinema che nasce (Mickey Mouse-Topolino) trasferendosi poi in striscia disegnata, qualche altro è prima strip stampata e (appunto Braccio di Ferro) disegno animato ci diventa dopo. Sono per lo più gatti, cani e topi antropomorfi, però, non uomini e donne. Sono ancora fiabismi buffi diretti ai bambini, anche se qualcuno già intriso di filosofia: Krazy Kat per esempio vive in un mondo teoretico suo proprio, dotato di logica ripetetitiva. E Arcibaldo e Petronilla (Jigg & Maggie, di George McManus) costituiscono una satira intermedia fra middle class e giro snob, irriproducibile al cinema senza attori veri. Lo stesso per Sor Bonaventura di Sergio Tòfano, divenuto paradigma a due facce (scalogna tramutata in fortuna). E molti di questi protagonisti conferiscono il loro nome a settimanali in più lingue che pubblicano solo storie a quadretti (Jumbo, Pisellino, eccetera, e il clamoroso ed universale figlio maggiore di Walt Disney, Topolino).

Ma il boom è degli anni Trenta. Nascono, in questa seconda èra, personaggi che avvinceranno almeno due generazioni, quasi tutti di matrice anglosassone: Cino e Franco, Mandrake, l'Uomo Mascherato, Flash Gordon, Lil' Abner, Bibì e Bibò,Tintin, Dick Tracy, e qualcuno che basterà per una sola, come i polizieschi X-9 e Rip Kirby o i fantascientifici Brick Bradford, Rebo e Virus, gli ultimi due italiani. E' in questo periodo che cominciano ad aver nome matite illustri come Lyman Young e Alex Raymond, Rino Albertarelli e Walter Molino. E' in questo periodo che viene anche trasferita nell'illustrazione a fumetti un po' tutta la letteratura avventurosa preesistente, dai poemi ariosteschi alla cappa-e-spada di Dumas all'inesauribile vena salgariana che nobilita la seicentesca filibusta corsara e la pirateria ottocentesca malese e del Borneo, senza parlare dell'epopea del West. E poi arrivano a partire dal dopoguerra Superman e Batman, Satanik e Diabolik, Pecos Bill e Tex Willer, e l'Uomo Ragno, e la grande fantascienza di un grafico monstre come Moebius (Jean Giraud) e una coppia francese, Uderzo e Goschinny, che rallegra il mondo con le incredibili e godibilissime storie di Asterix ed Obelix. E Benito Jacovitti, un poeta comico dell'inchiostro di China e del pennino rimasto ineguagliabile. Il mondo dei fumetti è così vasto che si può solo andare - in una sede come questa - per campioni, senza poter citare tutti. Senza contare poi che alcuni personaggi sono durati tanto da avvicendare più disegnatori e confondere così le paternità

E dunque ecco qua la terza èra, quella - che perdura oggi - dell'acquisito spessore; quella in cui l'autore è anche un autentico scrittore per immagini e quella in cui i personaggi escono dalla superficialità seriale per diventare specchi di dramma. Da questo punto di vista è il nostro Paese a fornire con ampiezza materia di ristampa internazionale di gran qualità, ma è anche dall'estero che arrivano da noi scintillanti prodotti. Io considero dramma, intendiamoci, anche la Mafalda di Quino ed i Peanuts di Schultz e perfino quel Calvin and Hobbes di Bill Watterson, in quanto dedicati alla condizione mentale odierna del bambino ed al suo rapporto con gli adulti, area dalla quale viene graffita analisi seria e finissima ancorché ammantata di divertente ironìa ed accompagnata da scoppi continui d'umorismo. La massa produttiva è talmente larga, oggi, in materia, da far emergere solo pochi personaggi e ben poche firme dalla banalità commerciale dilagante. Nella quale sono stati risucchiati persino prodotti inizialmente di grafica alta ed emozionante (Aurelio Galleppini) come Tex, recordman odierno di tirature nazionali, o di sgomentante intelligenza d'autore (Tiziano Sclavi) come Dylan Dog, secondo in classifica, primo come numero di titoli che sbatte a mitraglia sul mercato. Massa in cui fa parte da leone l'import del fumetto giapponese, mezzo science-fiction e mezzo anche spintamente erotico, ma negativamente esemplare per monotonia di segno e di storie.

Non è da molto che la galassia fumetto ha perduto alcuni dei suoi pianeti maggiori. Di quelli che davvero si potevano definire artisti. Se ne sono andati Schultz (ma ci ha lasciato Snoopy e Charlie Brown), Pratt (ma ci ha lasciato Corto Maltese), Andrea Pazienza (ma ci ha lasciato Zanardi e Pompeo), Jacovitti (ma ci ha lasciato Cocco Bill e cento altri personaggi circondati da fantastici salami), ed ora Crepax, lasciandoci a sua volta un forte riferimento immaginario destinato a rimanere e cioè appunto codesta sua stordente Valentina. Se vogliamo restare in Italia, sono tuttora fecondamente sulla breccia Altan (un genio) e due disegnatori raffinatissimi i cui fumetti sono ormai costantemente libro e non più album: Milo Manara e Vittorio Giardino. Senza dimenticare Sergio Toppi, figlio d'arte (suo padre Giove illustrava avventurose copertine), maestro di precisioni quasi da bulino, di contrasti bianco/nero fortissimi, di tratteggi in scala di eccezionale sottigliezza visual.

Ecco, parliamo del loro stile. Manara e Giardino fanno parte della stessa scuola, il cui capostipite è Hugo Pratt. Il loro segno è però minuziosamente nitidissimo, a differenza di quello semplice e imperioso, talora stenografico, del loro maestro. Pratt disegnava di getto, a netti e spessi tratti di pennarello dati sulla carta senza pentimenti e usava parcamente chiazze d'acquarelli a far macchia cromatica. Anche Manara acquarella spesso, solo toni grigi o anche colore, ma cerca effetti tridimensionali e compatti. Sia lui che Giardino (colori invece campìti, questi) amano raffigurare personaggi femminili di grande presa sensuale (per lo più discinti e pronti a denudarsi del tutto, il primo) sullo sfondo di intense storie avventurose. Manara preferisce intingere nella china e far scorrere con grande sicurezza sulla carta un pennellino di finezza 0 o 01, Giardino, ex architetto, inclina a non variar spessori e usare art-pen o rotring; ma entrambi sono disegnatori di grande precisione sia anatomica che fisionomica, ed ambientale sino allo scenografico accurato. Altan, che fa scuola a sé, di primo acchito pare un pasticcione, con quei suoi quadretti gremitissimi e ricchi di significative deformazioni, ma vi poi decifri dentro una serie di notazioni acutamente meticolose che equivalgono agli aggettivi ed agli avverbi di quando scrivi. E' l'unico fra questi che è pure maestro di satira politica e che si occupa ancora anche dell'infanzia, con personaggi come la cagnetta Pimpa o il camaleontino Camillo Kromo. Più multiforme grafico Pazienza, che usava tutti gli attrezzi atti a tracciare segni su carta, variando anche stile, ma prediligeva gli effetti cromatici pieni e vivaci ottenibili con i Pantone. Come si vede, nessuna di queste osservazioni era spendibile, o anche solo suscitabile, riferita ai disegnatori della prima èra, per lo più solo agili tracciatori. Solo un protofumettista come Winsor Mc Cay, creatore onirico di Little Nemo, emerge per una fantasia grafica esuberante, che stava fra il geometrico e le reminiscenze dell'art nouveau, e comunque molto muscolata.

Guido Crepax. Anche lui condivide generazionalmente erotismo con gli altri disegnatori italiani qui nominati (le bocche, le spalle, le schiene di Pratt; le fisionomie corporali di Giardino; i fiorenti busti di Altan) ma era più vicino a Manara per la sua affezione alla totalità del nudo e di un nudo con riferimento specifico alla sua valenza sessuale. Il sereno esibizionismo delle loro eroine è un dato ricorrente e quasi stabile e Crepax aveva anche illustrato uno per uno tutti i più famosi best-sellers della letteratura hard, da «L'histoire d'O» a «Emmanuelle» alle opere di de Sade e di von Masoch. Ma il suo capolavoro, e anche il personaggio più presente e più visitato delle sue storie, è stato appunto Valentina, rappresentante un immaginario divenuto così reale da non essere ignorato da nessuno, da essere diventato un sex-symbol che se la batte con la Monroe pur avendo un aspetto nulla a che fare, configurativamente e comportamentalmente, con quello di questa. Un corpo cioè quasi efebico, delicatissimo anche quando esposto in modo audace, intessuto di tratti eseguiti con pennino sottilissimo, capace pure di ombreggiati, in un'architettura di pagina e di sfondi spessissimo ispirati a déco.

Avevo detto all'inizio che vanno percepite, nella storia del fumetto, non solo tre ère ma anche due ripartizioni. E quali sono, queste ultime? «Elementare, Watson» (diciamolo alla Conan Doyle): il filone per ragazzi e quello per adulti. Fin dall'inizio erano intesi soprattutto per intrattenimento fanciullesco ed adolescenziale tutti quei gatti e topi che agivano come dei buffi umani, e solo Little Nemo poteva interessare anche lo studioso di psicoanalisi con tanto di studio e targhetta sulla porta. Nella seconda èra ci fu comunque un momento in cui il fumetto divenne, in parte, anche propaganda politica. Ne usò il fascismo e ne usarono pure gli americani dopo Pearl Harbour. E già prima era nato un filone poliziesco alla Dashiell Hammet in cui si risolvevano enigmi un po' col cervello ed un po' a sparatorie, il quale aveva abbastanza spostato gli acquisti anche dalla parte di papà. Così come a papà erano più che altro dedicati i problemi della famiglia Bumstead di Chic Young nei rapporti col ménage, col capufficio e con gli animali domestici; e pure gran parte delle strips risolte in quattro/cinque quadretti nelle edizioni domenicali dei quotidiani, che le pubblicavano a paginate intere affollate di caratterialità protagoniste. Come fossero barzellette facenti tutte perno su un gag finale. Ditemi se Andy Capp, pur così divertente, può essere un personaggio per ragazzi.

Nella terza èra, quella attuale, la differenza è ancora più marcata. Ci sono ancora, e sempre in maggior numero, i fumetti diciamo correnti - ma non più con disegni d'autore: sono morti Bob Gottfriedson e Al Taliaferro e con loro la giusta fisionomia di Topolino e il suo corretto identi-kit, e più recentemente Charl Barks, matita-padre di Paperino, e hanno perso papà Peyo pure i Puffi - dedicati alle storie di Topolinia e Paperopoli; per non parlare di quelli d'avventure, ancora pieni di pistoleri ed eroi spaziali e detectives in cerca di mistero. Ma il fumetto s'è fatto, nel frattempo, anche intellettuale, guarda a un target più colto. E Altan, Manara, Giardino, Toppi, disegnano ormai, soprattutto, per chi apprezza il disegno. Così come alla personalizzazione del segno, anche se meno curato e più veloce, tengono molto anche gli argentini Muñoz e Sampayo e il francese Bernet, e al segno più colore affida riconoscimento di sè lo slavo Enki Bilal. E poi, nel fumetto, sono entrati il sesso e l'erotismo, e in forme non più allusive ma esplicitate. Nè la Valentina di Crepax né le eroine di Manara fanno mistero di possedere un pube, e foglia di fico non cè più neanche per i personaggi maschili. Non siamo nel porno, naturalmente, il porno è un altra cosa (e il fumetto apertamente porno c'è peraltro anche quello e - per inciso - annovera anch'esso una matita eccellente; di una signora bella ed elegante, sposata e madre, che si chiama Giovanna Casotto e potrebbe con gran successo disegnare dell'altro) ma siamo anche qui, pur restando al di qua di esso, in un campo comunque più disinibito, più spregiudicato di quando l'inglese Norman Pett disegnava la sua Jane spogliandola di continuo ma non lasciandola mai senza almeno le mutandine.

Valentina è dunque l'ultima orfana di questo mondo di carta, ora che la matita di Crepax ha smesso per sempre di disegnarla. Ma non per questo resterà abbandonata. Il suo immaginario dura: non è come altre figurine di quel mondo, lei ha un mestiere, fotografa professionista, perfino un marito e in seguito anche un figlio, ma materializza sogni, ha rapporti con entità aliene, e anche le sue relazioni terrestri e le sue intimità sono condivise con persone strane ed inquietanti. E', per circostanze, spesso nuda, armoniosamente magra, segno di scapole e fosse renali, natiche affusolate, seno di sobrietà assoluta, così com'è sobrio il suo piumaggio inguinale; l'esuberanza di una pin up, insomma, neanche sa dove stia di casa. Ma le sue riedizioni si moltiplicheranno lo stesso, i suoi originali saranno floridamente battuti nelle aste, e il suo nome sarà nella Treccani e nell'Enciclopedia Britannica. Perché hai voglia di televisione e di satellite, di videoweb e di semovenze figurate fatte di pixel, ma il fumetto carta è ancora e carta ancora per generazioni resterà. Sulla carta ti viene di passare affettuosamente i polpastrelli e sul quel vetro luminescente a plasma o cristalli liquidi invece no. E poi, quand'anche, è sconsigliabile per più motivi che tu le dita ce le metta sopra. Ciao Guido Crepax, e grazie. Ciao Valentina, a te ti verremo a trovare ancora. Perché tu rappresenti un mondo irrisolto, ed è appunto in un mondo irrisolto che anche noialtri continuiamo a vivere.