Da qualche settimana il Tg2 della Rai ha cambiato aspetto. Nuova testata, nuovo criterio per i titoli, nuova ambientazione, nuovo modello di conduzione. Accade ogni tanto che in televisione, ma anche nei quotidiani o nei magazines - come un uomo che si faccia crescere i baffi o una donna che cambi il colore dei capelli - si avverta il bisogno di presentarsi in modo diverso a chi ci guarda. Per maggiormente distinguersi, per sottolineare un particolare carattere proprio, per migliorare audience, per galvanizzare lettori, per seguire un percepito trend stilistico generale, semplicemente per voler "piacere" di più, perché è cambiato il direttore e vuole che ci se ne accorga… O perché qualcun altro lo ha fatto e allora anche noi. Se, mettiamo, improvvisamente lo fa "L'Espresso", di lì a poco lo farà anche "Panorama", o viceversa; si può averne sufficiente certezza. E' infatti uno dei modi in cui, coinvolgendo corsìe parallele e/o dirimpettaie, si propone alla nostra attenzione quel fenomeno che va sotto il nome di concorrenza, e questo particolare modo è definito restyling. Termine inglese che vuol dire sostanzialmente "restauro" e che da un certo numero di anni è entrato contemporaneamente in uso in due campi diversissimi l'uno dall'altro, della nostra società, quello dell'editoria e quello della chirurgia estetica: perché sempre di dare riproposizione stilistica di sé si tratta, e si può farlo anche con bisturi e silicone. Nell'uno e nell'altro caso, infatti, questo solo è il punto e non è in discussione anche un cambio di indirizzo né comunque la cosa riguarda la sostanza di ciò che nell'involucro è contenuto.
Vediamolo nelle sue varie manifestazioni questo nuovo look del Tg2. L'esplorazione è utile ai fini delle tematiche abituali di questa rubrica perché si tratta per ciascuna di queste manifestazioni nient'altro che d'un fatto di linguaggio.
TESTATA - Al posto della tonalità grigia inquadrata da un'incorniciatura rossa in cui era situata la sigla di questo telegiornale, v'è adesso la collocazione della sigla sulla destra mentre la parte sinistra dello schermo è occupata da un argenteo mappamondo traforato (continenti pieni, reticolato di meridiani e paralleli al vivo) il che, va detto, un poco lo imbarocchisce ma il barocco, vedi le defilées parigine del prêt-à-porter, è tornato, bòh, di moda alla grande. Quella piuttosto da cui non ci si può sottrarre è un'osservazione che riguarda quale punteggio attribuire alla fantasia di una scuola di creativi che quando debba ideare un logo di tg non sappia andare oltre, sia pur configurandolo, movimentandolo o colorandolo in vari modi, la rappresentazione di un globo terracqueo. Uffa, ma quanti mai sono stati e sono (e saranno?)… Eppure, anche uno stesso concetto può essere espresso in diversissimi modi, come insegnano insieme la Statua della Libertà, la Tour Eiffel e il Big Ben. E le polene di migliaia di lignei bastimenti, che però oggi si allineano solo nei musei marinari. La vera innovazione, comunque è la premissione alla testata di una "copertina", cioè delle immagini movies d'un evento che quel giorno abbia impatto di cronaca.
AMBIENTE - E' più chiaro e reso più espanso dalle dimensioni degli schermi che fanno da finestra ai servizi e davanti ai quali va di volta in volta a porsi, colloquiandovi, il giornalista che è in studio. Così che può meglio spiccarvi, in campo lungo, la postazione da cui si dànno gli annunci, adesso blu con due righine orizzontali rosse, che resta il colore-sigla del 2 così come l'azzurro lo è del Tg1 e il verde del terzo. E il rapporto interno/esterno è più dialogato.
TITOLAZIONE - Interessante perché funzionale è la trovata di uno scorrimento in continuum per tutta la durata del Tg di tutti i titoli già dati all'inizio, bianchi su strisciolina rossa alla base del video via via occupato dal succedersi dell'alternanza studio-servizi. Il che dà modo di sapere cos'è successo di importante nella giornata anche a chi abbia acceso il televisore con mezzo minuto di ritardo, perdendone così l'iniziale sequenza raggruppata, o non abbia il tempo per attenderne la fine.
CONDUZIONE - Questa è la novità più importante, perché non lascia più come figura centrale (pian piano volutasi divenire carismatica) il "mezzobusto" conduttore, più spesso donna, dominante il campo con il proprio personalizzato look. Al suo posto i conduttori sono due, talvolta seduti talvolta in piedi talvolta a turno incamminati verso il maxischermo di studio. Un uomo e una donna; e non hanno problemi a farsi vedere con dei fogli in mano, che consultano, e si turnano nel parlare allo spettatore pur se, ma non sempre, inquadrati entrambi, e si passano la palla alternandosi nel dare le notizie, introdurre i servizi, discorrere in diretta con gli inviati. Si tratta di una modalità certamente più cordiale nei confronti del teleutente che sta nel suo soggiorno o in stanza da pranzo. Anche se altrettanto certamente un po' di rodaggio le occorrerà, per andare con più scioltezza a regime. Non è neanche difficile rintracciare la fonte di questa idea, basata - anche se com'è ovvio molto diversamente formulata - sulla coppia: è "Striscia la notizia", programma Mediaset di grandissimo successo fondato su satira, scoop e provocazioni.
Il Tg3 aveva a sua volta effettuato restyling l'anno scorso, ma solo per la testata (cambiamento visual nel porgere il solito mappamondo) e nel jingle. Resiste ancora così offerto quello giallo-blu dell'Uno, anche se da tempo è fisso e non viene più componendosi da frammenti di puzzle veloce.
Passo, cambiando medium, a un interessante esempio di restyling di testate quotidiane a stampa. Un paio d'anni fa un giornale nazionale ed uno regionale - "La Stampa" e il "Giornale di Sicilia" - ne dettero incarico quasi contemporaneamente al medesimo stilista, Pierpaolo Maoloni, un guru del design specializzato in grafica impaginativa. Vediamo come andò.
Maoloni costruì per entrambi una gabbia grafica di prima pagina abbastanza simile. Fondata su un fortissimo ed espanso titolo d'apertura, meglio se su una sola riga sommariata leggermente subito sotto, con funzione da architrave dell'intero layout. Non più di due altri titoli di visibilità marcata nella parte inferiore, e sottostante spazio soltanto per titolini o box di richiamo. Sotto il detto architrave, a reggerlo, la prima e l'ultima colonna uniche a scendere intere, l'una riservata a commento e l'altra a una sgranatura di titoletti con notizia o rimandanti all'interno. Colore: una grande foto a far da finestra alta o centrale, e una serie di sfondini, celesti o arancio o bistro a segnalare la natura, politica, cronaca, opinione, del testo sovrimpressovi.
Architettura impeccabile, bella da vedersi, ma…: rigidissima, praticamente immutabile da un giorno all'altro e difficile a gestirsi in quelli in cui gli argomenti da "montare" fossero più d'uno. I due giornali ebbero in seguito un comportamento molto diverso a fronte di un sistema come questo, che li imprigionava più del dovuto; in un numero di variabili praticamente molto angusto: si sa quanto sia implacabile l'imperio informatico basato su non revocabili input elettronici, programmati cioè una volta per tutte. Quello siciliano vi si rassegnò, prima con lamentazioni interne infine proprio con assuefazione. Quello torinese, invece, lavorò poco alla volta di lima, con mezzi propri, sulle sbarre di questa prigione, fino a guadagnarsi quella necessaria flessibilità di cui è bene un quotidiano disponga.
Riuscito ad elettronicamente evadere da quella gabbia ingessante e resala quanto basta articolabile, "La Stampa" - diversificandosi così in ciò anche dal "Corriere della sera" che continua ad essere ogni giorno graficamente omologato a schema - s'è invece avvicinata alle più duttili possibilità impaginative di "Repubblica", la quale pure ha un proprio stile "a blocchi" completamente diverso. Può cioè permettersi di far scendere a un terzo di pagina, per esempio, il titolone più forte, assicurandosi in tal modo uno spazio superiore dove allogarne un altro, con o senza foto, o anche due, e relativo testo. Essendo questi meno corposi e più leggeri però in posizione ottica più avvantaggiata, ecco che più temi possono essere evidenziati e questa pagina diventa vetrina migliore. E se c'è qualcosa di piccolo da segnalare, eccogli sopra un grafismo curvilineo di colore arancio.
Persino la Cocacola, che per nulla al mondo rinuncerebbe mai alla caratteristica bilanciatamente femminea forma di quella bottiglietta, ormai completamente fusa alla propria immagine, s'è risolta ad affiancarle, per ragioni di mercato generazionale, anche la lattina cilindrica (naturalmente rossa). Restyling parziale, ma non diversamente motivato da quel che sì è detto sin qui. La Pepsicola, infatti, l'aveva preceduta.
Non solo le bibite prima di essere ingollate, ma anche i media prima di essere letti, ascoltati o visti, hanno insomma bisogno di presentarsi con un determinato abito. Che, contraddicendo il proverbio, spessissimo il monaco lo fa: pensate alla politica, pensate a quella nuova disciplina, peraltro serissima, che si chiama "Cura dell'immagine". E' appunto tutto l'immaginario che ognuno di noi si porta dentro che in una gran parte dei casi preme il pulsante "Play" delle nostre decisioni. Un'altra volta, venendone l'occasione, ne parleremo.
Si chiama "restyling" e serve a concorrenza
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- Scritto da Etrio Fidora
- Categoria: Secolo postmoderno