E’ da tempo che la "cura d’immagine" da semplice locuzione si è trasformata in una vera e propria disciplina, gestita da cultori ed esperti. E sappiamo come essa sia dedicata non più solo ad attori e belle signore ma ormai alla più parte dei pubblici personaggi, della politica e dell’economia in ispecie. L’osservatore delle cose anche piccole ma diffuse nota però come essa si stia estendendo a settori non diciamo impensabili perché sono anzi pensabilissimi, ma certamente considerabili non tra i più facili da innovare. Che ve ne sembra per esempio di quello della richiesta stradale d’obolo a scopo di sostentamento personale, nelle sue varie accezioni che vanno dall’accattonaggio semplice ("Fate la carità") alla muta ostentazione d’una patetica evidenza di bisogno, a una elemosinante sceneggiata talvolta anche capace di artistica genialità persino nell’aggressivo racconto di disgrazie? Il contagio mediatico sta giungendo, e come no, sin qui. Nessun personaggio è più antico del mendicante, nessun ruolo come questo ha praticamente attraversato i secoli ed i millenni senza subire, nel suo pur diverso essere o manifestarsi, variante modale alcuna di sostanza in qualunque parte del globo esso sia stato esercitato. Lasciamo naturalmente da parte le fattispecie contigue ispirate a istituzionalità o misticismo, come la questua dei frati o i bambini con la ciotola che chiedono cantando offerte in certi periodi dell’anno fra la religiosità dei tre Magi e i paganissimi exploits di Halloween. Ma anche - e per motivi evidenti - le odierne caritatevoli iniziative di soccorsi su scala mondiale che mobilitano fior d’apparati organizzati e bene oliati emettenti moduli di conto corrente (missionari, crocirosse, FAO e similari...) che con continuità troviamo, invitati a riempirli, nella nostra posta. E pure l’ondata extracomunitaria balcanica o di colore; che ha una peculiare valenza di momento storico e merita dunque ben più di due spiccioli erogati da singolo a singolo, e cioè forti e fortissime iniziative più utilmente collettive che individuali, di solidarietà concrete cioè sul piano amministrativo e politico, capaci di formare leggi e sostituire all’elemosina un lavoro.
Intendo insomma riferirmi proprio solo a coloro che, per indigenza cronica o momentanea strizzata che gli dà la vita, o filosofia "clochard", attirano la tua attenzione sotto un portico o ad una cantonata con una mano tesa od un piattino ai piedi. E che possono essere dignitosi o sordidi, proprio canbastonati oppure estemporanei fantasisti. Se Corte Miracoli e Beggars Opera possono comprendere sia una famiglia Thénardier e un signor Peachum che un accozzo di saltimbanchi con trombette e cani ammaestrati, ci sono poi anche i narratori delle proprie sciagure a voce o con scritte di pennarello su un cartone e quelli che per sentirsi a posto ti voglion dare qualcosa in cambio, come un santino o dei sassolini pitturati. Ecco, questo è il mondo anche nel quale si infila a poco a poco la suggestione mediatica, perchè arriva perfino qui la percezione che devi pure tu, perbacco, "saper comunicare". Perchè (l’hai capito?) a noi, "gente normale" con tanto di pelo sullo stomaco, non basta costatare che sei povero e bisognoso: devi pure riuscire a commuoverci oppure stupirci, a "toccarci" almeno in qualche modo, a diventare possibilmente la riconoscibile maschera di qualcosa che ci resti anche dopo in memoria come un tuo identi-kit preciso.
E allora ecco che a un trafficatissimo angolo di strada spunta una trovata come questa. Esci di casa e ce lo trovi (ma a che ora comincia la mattina?): un gran cartone da imballaggio di quelli per maxielettrodomestici aperto sopra che contiene, inginocchiato dentro, fra i simboli di "alto", "basso" e "fragile", lo sbrindellato questuante con la mano tesa a palma in su. E questo simboleggia tutto: il suo essere oggetto, il suo non aver casa, il suo essere un prodotto di questa società con tanto di packaging, la sua inamovibilità da te inscansabile. E’ una soluzione tecnica, ed ha capacità suggestiva. Oppure, ma allora la sede preferibile è per esempio un giardino pubblico, dove ci sono anche fidanzati e bambini, star semicoricato su uno straccio col grembo teneramente (o crudelmente) pieno di gattini piccolissimi; che ogni tanto vanno sostituiti, naturalmente, ma non è difficile. Il messaggio muto che viene comunicato è quello, con dispositivo moltiplicatore, dell’essere che è indifeso. E’ un’imparata, subliminale, tecnica di advertising. A Palermo, in una via centrale, accanto alla vetrina di una grande libreria, c’è sempre un barbuto accosciato schiena al muro e il viso basso, concentrato a leggere un libro che tiene sulle ginocchia e di cui volta lentamente le pagine come chi assapora. Non c’è nessun altro che chieda elemosina così. Meriterebbe un copyright. Nel berretto che tiene accanto rovesciato non mancano mai soldini, che lui comunque non alza mai gli occhi a sollecitare; nè per ringraziare, ché non occorre. Anche prima che la pubblicità ammaestrasse c’erano certo ogni tanto nel ramo singole alzate d’ingegno come queste, ma oggi è tuttaltro che malagevole trovare persuasivi spunti stereotipi proprio nel mercato dell’immagine, e anche con spontanea inconsapevolezza.
Rientra in questa panoramica, naturalmente, anche chi ha capito come non faccia ahimè più presa dire che è disoccupato da due anni o che a casa ha la moglie malata e/o tre bambini da sfamare e allora ti dice: "Non le chiedo soldi perchè la cosa principale è un’altra: mi compra per piacere un panino?"; ma tu naturalmente non te lo porti al bar con te e gli dài piuttosto 25 cent di euro, che è poi quanto cercava. Variante: qualche sera fa mi ha avvicinato in una piazzetta una signora sciupata in faccia ma ben vestita che mi ha detto con espressione mesta: "Guardi, io NON VOGLIO fare la prostituta, e allora può darmi qualcosa, anche poco?". A suo modo psicologico anche questo espediente, e qualcosa in premio dell’escogitazione gliel’avrei magari data ma per sua sfortuna avevo in tasca solo un libretto d’assegni e due carte di credito.
E c’è, ma questo a un livello più alto e raffinato, un’altra modalità che non ha bisogno di parole. Ne avevo visti in anni passati a Parigi o a Praga ma adesso cominciano a comparire anche dalle nostre parti e occorre, naturalmente, una capacità particolare. Tale da poter anche trasformare la pura mendicità in una sorta di mestiere che la nobiliti. Fare, cioè, la "statua vivente". Drappeggiarsi per esempio in un lenzuolo e spalmarsi su mani, volto e cuffia copricapelli lo stesso colore (bianco, celeste o bronzo). Può fare da piedistallo anche una seggiola con sopra uno stuoino. E scegliere una posa immobile che sia gradevole e non stanchi più di tanto, attenti a non muovere mai la bocca e gli occhi, un cestino a terra per le offerte. I più accorti cambiano ogni tanto positura con mosse a scatto dolce come di robot. E qualcuno è proprio invece robotizzato anche nell’aspetto perchè tronco ed arti non sono coperti da un lenzuolo ma da cilindri di cartone dipinto. "Sono qui per la tua curiosità e il tuo svago, dàmmi da vivere" è il fumetto invisibile che esce di bocca a questi (fra cui magari qualcuno anche c’è c’è che lo farà solo per esibizionismo o gioco). E neanche la vera o pseudo zingara con corpetto a bottoncini, collane di legno e gonnellona a fiori ti chiede più di farti leggere la mano. Qualche spot sarà capitato di vederlo anche a lei e allora la trovi in una via elegante con calzamaglia scura, sciallone e cappellino buffo, la faccia dipinta di rosso-verde-blu a svariare i lineamenti, che ti danza giullarescamente intorno con una mano tesa per ricevere e l’altra che ti agita davanti al viso un grappolo di sonaglini colorati.
Sono progressivamente questi a sostituire, in qualche caso a sopraffare, la old age del melanconico vecchietto con la fisarmonica o col violino la cui sdrucita custodia era supplente del piattino. Perchè questa è una categoria che comunque comportava l’esser detentrice di una qualche vocazione o abilità valente in sè e invece adesso quel che conta per far breccia è soprattutto la fantasia. Ce n’è ancora, naturalmente. Ma se vorranno attirarti, a meno che non suonino - ed è assai raro - benissimo, osserverai che devono ricorrere o a un vestimento strano o ad altri status symbols adottati senza certamente aver studiato McLuhan; come per esempio essere a piedi nudi anche se fa freddo. Sono forme comunque che si avviano verso il confine d’area oltre il quale si è un’altra cosa: giocolieri, per esempio, che fan roteare palle o birilloni o torce infiammate e che allora sono dei veri e propri datori di spettacolo ai quali l’obolo che dài è propriamente pagare il corrispettivo d’un biglietto. Quelli non hanno bisogno di un richiamo di recita o di scena come del tipo finora prospettato perchè il vero richiamo è in ciò che fanno, e direttamente non ti chiedono nulla perchè non sei un passante abbordato ma fai parte di un cerchio di persone intorno a loro formatosi.
Dedicare a un tema così la rubrica di questa settimana che senso ha avuto? E quale mai se non quel di affermare che occuparsi di comunicazione, parola monstre del secolo XXI (ma lo era già sul declinare del XX), non può voler dire soltanto telematica, web e gigabyte e neanche briefing, spot e SMS, ma - se questo termine ha un senso - comprende anche quella che si svolge terra-terra ed ha per protagonisti gli strati più umili e sfortunati. Non c’è progresso elettronico che cancelli, o ci esima dallo studiarla, la comunicazione a livello umano; come se l’ordinario, il banale, il minimale, il marginale, non ci interessasse più, nulla ne potessimo ricavare e il nuovo Messia fosse davvero Bill Gates. La sociologia dei nostri tempi comprende anche l’analisi d’uso delle tecnologie ma non può, mi pare ovvio, limitarsi a questo.
Occupiamoci, non diversivamente, di mendicity advertising
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- Scritto da Etrio Fidora
- Categoria: Secolo postmoderno