«Ma tu ce l'hai, un blog?». «No, ma sto pensando di farmelo». Sono discorsi che sento sempre più spesso, di questi tempi. Cos'è un blog si sa, e sempre più diffusamente. E' una forma di comunicazione telematica che esiste da cinque/sei anni ma che si è allargata a macchia d'olio solo nell'ultimo paio. Ma com'è cominciata? Per enunciarne nel modo più sintetico l'atto di nascita, cito dalla interessantissima tesi di Eleonora Righini che si è laureata egregiamente con me due anni fa («Il Web come new medium e come oggetto filosofico») e che sta ora perseguendo (forza Eleonora!) una seconda laurea affine, questo breve e sufficiente periodo: «Il 1999 fu l'anno in cui il ventottenne Evan Williams e la ventinovenne Meg Hourihan inventarono un software per aggiornare i propri siti personali postando messaggi in tempo reale e con pochi clic, senza tener conto del linguaggio HTML. I due ragazzi americani chiamarono questi nuovi siti blog (contrazione di web log, "diario di bordo sul web") e il software per crearli blogger. Nell'immediato allestirono il sito "Blogger.com" offrendo gratuitamente a tutti di crearsi un proprio blog nel giro di un paio di minuti».
Il Blog com'è inteso per lo più oggi è comunque molto diverso da quello delle origini, e per spiegarlo bene saccheggerò ancora, più avanti, la tesi di Eleonora oggi mia impareggiabile assistente. Ma prima cerco per intanto di sbozzare un'analisi io. Il Blog può essere - e lo vedremo via via - tante cose, ma è innanzitutto e soprattuto un atto di libertà. Libertà individuale, intendo. Perché prendere carta e penna e scrivere a casa propria in un proprio quaderno è certamente un'attività personale del tutto libera da ogni soggezione. Ma scrivere le stesse cose e poterle invece proiettare nell'etere mettendo a disposizione di chiunque pensieri ed emozioni, notizie e critiche, esperienze di vissuto e magari proposte, alza straordinariamente non solo la natura ma anche il potenziale di quel testo. Non foss'altro che perché lo toglie così dall'intimo introverso e dal soliloquio, introducendolo invece nel livello comunicazionale più ampio possibile. E senza neanche bisogno di denudare la propria privacy perché un Blog può anche essere anonimo o siglarsi con un nome di assoluta fantasia. Non è come scrivere una lettera a un quotidiano, insomma, la cui rubrica di posta dei lettori cestina gli anonimi e devi stare attento a quel che dici e a come lo dici (quando io ne dirigevo uno ho subìto diverse querele per «omissione di controllo» appunto per questo, ma capita un po' a tutti direttori, che spesso non sono proprio materialmente in grado di fare anche questa supervisione epistolare nonostante di qualche apposito "filtro" dispongano).
A un Blog, poi dirò qual è stato in seguito il discrimine fra quello delle origini e quello comunemente attuale, si arriva (o arrivava) da lettori per lo più per caso. Anche se ci sono di quelli che invece nascono propagandati e intendono proprio costituire attrattiva. Anche se ci sono di quelli tematicamente mirati e quindi almeno intravvedenti un target specifico che ne possa usufruire. E se ci sono i Blog che per desiderio d'incontro o anche generico esibizionismo si aprono una vetrina solo per poter dire «io sono questo, io la penso così» essi sono in fondo rivolti a tutti e a nessuno. Ma allora, che cosa sarebbe il Blog, dato che esso si lascia nello stesso sito anche commentare, ad esso si può rispondere, e ci si può altresì intrecciare dialogo: un'evoluzione della Chat? Ma proprio per nulla. Le Chat, come del resto gli SMS su diverso supporto, rappresentano qualcosa di estemporaneo, sono basati sul «passo-e-chiudo», sulla botta e risposta fulminante o leziosa. Il Blog invece è, per propria caratteristica, pensato; e talvolta anche profondamente. Magari scritto e riscritto più volte prima di essere licenziato per collocarsi online. Un Blog non è necessitato a limitarsi nella durata della digitazione perché dall'altro lato c'è qualcuno (e nei casi dei groups più d'uno) che aspetta impazientemente di leggere il messaggio, o la battuta per rispondere a sua volta. Un testo di Blog può essere anche lungo e magari lunghissimo, e può anche contenere fotografie e disegni. Può essere pure esteticamente rifinitissmo, con scelte di caratteri, di colori, di design impaginativo, può essere uno spazio che, prima ancora di scriverci, va proprio visualmente arredato. Oppure no, intendiamoci: ce n'è anche solo di testo semplicemente incolonnato.
Ho detto prima che ai Blog si può arrivare, e più sovente che non si creda, «per caso». Navigo, cioè, e quindi incoccio. Non è come l'elenco del telefono, nel quale i numeri sono contigui a un «chi è». Questi sono quasi tutti nick-names, sono maschere o coperture. Non ci si firma, se si vuol dire schiettamente il proprio pensiero su una cosa, o su un teorema da colui che scrive costruito; e ciò al solo scopo, come si dice, di non pagare il dazio. Di non farsene cioè provenire conseguenze o sanzioni a causa di male risposte o per errore compiuto. Perché c'è anche il Blog in qualche modo provocatorio, se non usato addirittura come strumento. I primi Blog, anni fa, avevano identificazione precisa: o erano comunicatori di notizie o erano degli ex diarii privatissimi portati con evidenza e disponibilità allo scoperto. Estraggo nuovamente dalla tesi di laurea citata all'inizio: «Ecco, un diario personale è come spararsi una flebo di una soluzione chimica che in quel momento ci serve. E' pura, diretta, utile al suo scopo ma assolutamente insapore. Un blog è trasformare quella soluzione in una densa crema alla nocciola racchiusa in un guscio di cioccolato, fa lo stesso effetto ma procura piacere al palato". E' un testo comparso in un diffuso Blog che si chiama «La Pizia», dice la tesi, e il capitolo in cui si trova era stato dall'allora laureanda appropriatamente intitolato «Blog e il giornalismo in proprio». Aggiungo soltanto che qualche volta, più che nutella, si assaggia vetriolo.
Avevo accenato più su a un momento di discrimine, a una demarcazione cioè fra due epoche, se non due concezioni, del Blog. Da una fase, come dire, libertaria e anarchica, cioé molto fluida nell'inserire in rete questo tipo di messaggi, tutto, o se non tutto moltissimo, cambia quando si verificano due eventi, se vogliamo chiamarli così. Che - il primo - i maggiori quotidiani stampati i quali dispongono anche di un'edizione online, offrono un sito ai propri giornalisti più autorevoli (altri che scrivono sui giornali lo fanno però pure autonomamente). Allora quelli diventano dei Blog in cui il giornalista non si esprime più su commissione del proprio editore ma scrive quel che gli pare, secondo le voglie che ha o gli spunti che si procura; e può anche colloquiare pubblicamentee con i suoi lettori che a loro volta gli scrivono lì. E - il secondo - che quasi tutti i gestori di posta elettronica, un gran numero cioè di cosiddetti server, mettono da un po' in qua gratuitamente a disposizione di chicchessia degli spazi per Blog, fornendo anche la tecnica per costruirli e impaginarli a estro. E allora sì che il criterio dell'elenco telefonico diventa possibile, anche se non proprio preciso. Perché tu navigatore occasionale, o che su Internet abitudinariamente ti informi, hai mezzo per rintracciare, attraverso un richiamabile ordine alfabetico, i titoli dei Blog ospitati da quello o da quall'altro server, e quindi le tematiche che ti possono interessare. Senza naturalmente conoscerne di ciascuno il titolare/autore perché egli è liberissimo di non presentarsi con nome e cognome ma di chiamarsi invece «Tulipano Azzurro», «Problematico Biogenetico» o semplicemente «Pippo». C'è quello che prima scriveva, chiuso a chiave, «Mio caro diario...» e che ora invece rivolge le sue annotazioni e/o elucubrazioni al primo che in etere gli passa davanti, e c'è invece chi ha ben altro criterio e ben altri scopi. Ed ecco - cito adesso di nuovo da Eleonora, e stavolta più a lungo - qui fornito un esempio autonomo che a molti di quelli attuali ha fatto a suo tempo da precedente.
«Un blog, diventato via alternativa ai mezzi di comunicazione in tempo di guerra è il famoso "Where is Raed?" scritto dal cuore di Baghdad da un'iracheno che si firmava Salam Pax, nick name di due parole, una araba e una latina con lo stesso significato di pace. Il Blog di Salam Pax è ancora attivo (anche se gli uomini di Saddam erano riusciti ad un certo punto a censurarlo senza però poter risalire all'identità dell'autore), e ai tempi dei bombardamenti scriveva in inglese gli episodi di guerra vissuti in prima persona quale cittadino iracheno. In realtà, il blog Salam lo aveva creato per tenere i contatti con il suo amico Raed (da qui il suo titolo), palestinese di Giordania, e all'inizio veniva usato per raccontare cosa succedeva agli amici comuni e per i saluti; poi, resosi conto che nessun medium parlava di cosa stava realmente accadendo ha deciso in piena guerra di testimoniare on line quel che stava succedendo a Baghdad. Il suo blog durante la guerra è diventato un evento mediatico mondiale ed ha fatto più audience dei network che pure con ingenti mezzi e investimenti coprivano l'evento guerra. Forse perché le sue osservazioni erano troppo scomode per l'una e l'altra parte in conflitto».
Ecco dunque il Blog diventare anche strumento, e strumento preciso di qualcosa, strumento finalizzato in supplenza. Ora così ce n'è tanti: succede qualcosa che poi non appare sui giornali, per vari motivi, ma che riveste egualmente un notevole interesse, e chi subito si metta a bloggarne non è poi raro nè difficile a trovarsi. Anche perché in quel caso resta sì, naturalmente, l'anonimato di chi scrive però i titoli sono in quest'occasione espliciti, riguardano un fatto o un conflitto rimasti sino a quel momento sommersi e sono, a questo punto, del tutto sostitutivi, in quanto a modalità cronistica od espressiva, di quelli che comparirebbero - se se ne occupasse - su un giornale. Esattamente come quel Salam Pax di Baghdad significativamente inserito in quella tesi come esemplare di novità. Ed è così che oggi un Blog può diventare dibattito a più voci, intreccio di polemiche, magari duello, con più interventi che ti dànno da leggere anche per mezz'ora o più, e che si allungano ogni giorno, in qualche caso, senza tuttavia sostituire o eliminare quelli precedenti. Come un serpentone od un torrente. O un tormentone. Che può contenere, mischiate, verità ed approssimazioni, oggettività o partigianeria. Nobili filosofie oppure gossip terra-terra. Lampi di luce ma anche scorie e detriti.
Ma questo è un aspetto, pur saliente, del Blog e non la sua normalità corrente. La maggior parte costituiscono galleria espositiva. Dei tuoi pensieri, o delle foto migliori che hai scattato. Ci sono anime belle che riversano lì le poesie anche ingenue, ma talvolta invece tempestose, che gli vien da scrivere. Un mio amico ne ha uno dove si diverte a documentare con fotografie la vita di una sede balneare alle porte della città, descrive personaggi che la popolano, aggiunge osservazioni o critiche. Qualcuno invece, assonanza a parte, è proprio come il Blob televisivo che fa su RAI 3 Enrico Ghezzi: una sequenza cioè di reperti/testimonianza un po' ludici e un po' staffilanti. Solo che cuciono frasi aneddotiche o flashes eloquenti còlti a volo e non immagini in movimento, e le parole vi son scritte e non dette a voce. Una differenza rimane, comunque, fra il Blog che con quattro clic uno si mette online da solo e quelli ospitati dai server che li fanno gestire da un apposito webmaster. Quella cioè che nel primo caso il Blog è tutto suo e dunque decide lui se quel certo commento arrivato alla propria esternazione gli piace lasciarlo inserito oppure cancellarlo. E nel secondo caso il webmaster li lascia postati tutti quanti uno dopo l'altro (anzi uno prima dell'altro perché gli ultimi arrivati occupano via via la testa della colonna e non si piazzano invece in coda), espungendo solo quelli che per caso fossero osceni. Restano invece anche quelli, talvolta sgrammaticati, che rispecchiano più la cosiddetta «lingua parlata» che quella usata per stare sulla carta. E formano così una vera e propria antologìa di interventi di varia qualità e spessore sul tema inizialmente proposto, i quali, a seconda, lo contraddicono oppure lo arricchiscono e creano anche isole di dialogo fra commentarore e commentatore.
Attenzione dunque ai Blog. Dato che non sono fatti solo di estroversioni private, di esposizione di merce intellettuale o sentimentale propria e di messaggi in bottiglia, ma che le notizie anche serie al momento non circolanti in quanto ufficialmente omesse e gli altarini da scoprire sono un'infinità, essi possono diventare - e ci son tutte le premesse perché davvero lo diventino - pure una vera e propria forma di stampa alternativa, cioè di «informazione aggiunta». Da un lato accrescente su questo o quel tema nozioni, dall'altro divenendo anche sede di polemiche altrove proibite. (Senza escludere, per carità, che talvolta si possa trattare pure di frescacce ad effetto). I gestori di server del resto lo sanno benissimo, tuttociò, e soffiano sul fuoco in concorrenza fra loro perché questo accresce la loro visibilità e notorietà stesse. Teniamolo d'occhio, insomma, tutto questo «nuovo» che si viene depositando sul vasto piatto generale della comunicazione, alimentando interessi sia individuali che di comunità. Conterrà, come tutte le cose, del male e del bene, ma i supporti che le odierne tecnologìe rendono erga omnes disponibili fanno anche sì che tuttociò sia inevitabile.
(Grazie, Eleonora, per il contributo).