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Categoria: Secolo postmoderno

Chi si ricorda che cos'è un Bignami? Era uno quei libriccini che in pochi stretti capitoli riassumeva per gli studenti delle medie l'intero arco di una materia, storica, letteraria, artistica o scientifica che fosse. Ed io adesso ne tenterò uno ancora più succinto, Bignami cioè di un Bignami.

La nostra civiltà attuale nasce in Mesopotamia. Comincia a tradurre in scrittura le parole, conosce l'architettura e le arti, le scienze del suolo e manifatturiere, e quelle della guerra. Da lì passa prima in Egitto, sviluppando anche astronomia e medicina, e poi in Grecia, dove si evolve (forme statuali, filosofia) e a Roma, dove si fortifica (il diritto, le armi). L'Europa è ancora barbara e solo quando, per lungo e lento contatto, ne verrà anch'essa imbevuta e poi la farà a sua volta progredire impadronendosi di fisica, chimica, meccanica, scienze nautiche, e dotandosi di maggior sapere culturale e di più complessa legislazione, può trasferirne propaggine in America; la quale due secoli dopo e ingigantita ne contagia, andando avanti a scavalcare l'altro Oceano, il Giappone. Il Medio Oriente, dopo esser stato culla esportante, aveva cominciato a regredire avendo però proiettato proprie semenze culturali verso Est e verso Ovest. C'è stata dunque anche una civiltà indostana, duramente e fantasiosamente panreligiosa; ed una araba, nel cui seno fiorisce la matematica. E adesso si fa avanti, anch'essa per via di innesti occidentali sul proprio plurimillenario patrimonio autoctono, l'immensa Cina, gravida di potenziale peso futuro. Estromesse dal giro e cancellate, perché per loro il contatto non è stato innescante bensì micidiale, le civiltà americane indigene. Mai sorta una omogeneamente africana. Così com'è rimasto aborigeno il continente ai nostri antipodi sino a una manciata di tempo fa, mettendosi poi di colpo, per immigrazione, a livello anche tecnologicamente. Episodio: rinvigorita da intellettuali e scienziati, a suo tempo la civiltà araba, figlia in antico della mesopotamica, aveva messo germoglio nel Sudeuropa e ne portano ancora tracce vigorose la Sicilia e la Spagna, così come resta, conseguentemente, di ceppo iberico il dato culturale del Centrosud americano.

Ora la civiltà che possiamo definire pronipote dell'originaria, cioè quella del Nordamerica, è refluita progressivamente anche al di là del primo Oceano da dove era provenuta ma con caratteristiche adesso del tutto nuove, meno umanistiche, più pragmatiche, avendo trasformato l'economia in business e l'arte in infoteinmentshow, impartendo insieme sapere ed uso tecnologici e way of life individualista. E possedendo una potenza militare stabilmente espansa che solo con quella dell'antica Roma può incontrare paragone, poiché anche il pur così longevo Sacro Romano Impero fu sempre non solo multietnico ma anche multiculturale, e quello napoleonico fu tenuto insieme più da geniali estemporaneità che da altri collanti. E' questa la civiltà/potenza che sta adesso toccando i luoghi primi da cui tutto il lunghissimo viaggio era partito: la Mesopotamia appunto, dove Ninive e Babilonia esistono in qualche modo ancora nonostante i saccheggi museali permessi dai marines che picchettavano solo i pozzi di petrolio, come da ordine dei loro comandanti chissaccome ignari della Convenzione di Ginevra.

Nominarla tuttavia oggi con questo nome è molto limitativo, essendo lentamente diventata parte di un tutto che non è più solo mediorientale ma arabo, ottomano, parzialmente africano, affondato nel subcontinente indiano, nella Russia meridionale e dentro la Balcania ex jugoslava, e poi un po' dovunque per folta emigrazione. E si chiama Islam. Ci chiediamo qualche volta cosa voglia dire Islam? Si sa genericamente che si tratta di un mondo di natura imperfettamente omogenea - per sparpagliate inserzioni laiche nel fondamentalismo - ma sistemica, compenetrato e fuso di elementi religiosi, culturali, etici, statuali, giuridici. Ma occorre invece aver chiara l'altra cosa, quella davvero importante: che in lingua araba islam significa «dedizione». A che cosa? Al volere di Allah, naturalmente, le cui regole sono scritte nel Corano, testo non sottoponibile a votazione.

Ci sono ancora religioni fondate su mitologie, nell'Afrasia, e sulla natura, nell'Amazzonia, e sul pensiero filosofico, in Estremo Oriente. Ci sono quelle di ceppo cristiano, cattolica e protestante, e variamente scismatiche, ma tutte basate in qualche modo sulla trascendenza. Ma l'area da queste ultime occupate non è tutta composta da credenti e l'area islamica invece praticamente sì. In Europa e in America solo una piccola minoranza punta sull'Aldilà; che per tutti gli islamici è invece Il Traguardo. Islamismo ed ebraismo hanno un dato in comune che fa loro da pilastro, anche se tutt'altro che convergente: che sono religioni le quali sboccano in politica e costituiscono di fatto anche potere temporale: legislativo, amministrativo, giudiziario; quello che non hanno più i Papi (da quanto tempo è impensabile che questi armino eserciti o deleghino torture all'Inquisizione?). Cattolici e musulmani nel mondo si pareggiano numericamente; per superarli i primi devono sommarsi con i protestanti, di cui sono il doppio. Non è un dato che si possa non aver presente. Questa civiltà più su definita pronipote, la Mesopotamia l'ha toccata manu militari, e militarmente ne ha in pratica assunto il governo. E adesso dichiara di voler insegnare ai musulmani la democrazia. Si apre così un altro discorso. E questo discorso è mondiale.

Quale democrazia? Cerchiamo di non essere superficiali, le democrazie sono tante. Madre perfetta di tutte è stata quella ateniese, diretta ma inapplicabile in questa fase del Villaggio Globale dove non c'è ancora un computer connettibile per ogni cittadino elettore. Poi per molti secoli il mondo non le conobbe, finché loro simulacri ne divennero gli statuti concessi dai Re. Ci furono anche imperiose democrazie armate e quindi non più tali, come alla fine quella della Convenzione o quella dei Soviet. L'unico riferimento fondante resta il Parlamento inglese, quello nazionale più antico, capace di annullare il potere del Sovrano ed appropriarsene. Fu infatti il più imitato ma attenzione: la democrazia non è solo un principio ma anche un meccanismo. Non ci sono, si può dire, due Stati che abbiano identico sistema elettorale: se se li scambiassero muterebbe anche il volto dei loro governi. Oggi come oggi la democrazia statunitense è per cinque motivi la più imperfetta di tutte ed è purtroppo in corso l'esportazione dei suoi difetti. I cinque motivi: 1) vota la minoranza degli aventi diritto, non c'è modo di obbligare gli altri; 2) i comitati elettorali, più che partiti, sono per lo più lobbies economico-finanziarie di diverso segno; 3) Stato per Stato della Federazione chi ha un voto in più prende tutti i seggi, costituendo un elettorato di secondo livello; 4) una delle due Camere non ha rapporto proporzionale con la popolazione ma un numero eguale di rappresentanti per ciascuno Stato federato, grande o piccolo; 5) l'elezione del capo dello stato, che è anche il capo del governo, è diretta cioè a suffragio universale e - dipendendo da disponibilità di quattrini, apparato pubblicitario conseguente e potere mediatico - costringe a votare non per una persona ma per l'immagine, più o meno costruita, di quella persona.

Insegnare ai musulmani questa democrazia? Noi usiamo l'identificativo «musulmani» come useremmo quello «luterani» o «monarchici» o «comunisti», cioè portatori di un'ideologia alla fine politica, ma musulmano in lingua araba vuol dire, alla lettera, "sottomesso a Dio" e basta. La parola di questo sovrano immateriale viene interpretata dai mullàh e non può essere sottoposta a votazione. Oh, sì, in Egitto o in Pakistan ci si va, alle urne, ma governare da laici è difficile e si può essere detronizzati o assassinati senza passare da un voto di sfiducia. Oh, sì, si possono fare affari con le multinazionali del petrolio, ma è per questo che oggi vacilla il trono del re saudita. E' democrazia se comanda il popolo, ma se il popolo comanda in nome di Allah vai tu a presentare emendamenti a quella specie di Costituzione che è il Corano. Prima di dividere Baghdad e Bassora in collegi elettorali l'occupante è stato infatti costretto a dividere l'intero Paese in distretti militari. Lo stesso presidente americano sa che non riuscirà a farla, la "democratizzazione" che dice lui, se non attraverso simulacri e fantocci. Il vero confronto dunque è tra due culture: quella che esalta (troppo) l'individuo e quella che l'individuo (troppo) lo annulla, ognuna proclamando sè il Bene e l'altra il Male. Quale altro gruppo di regnanti occidentali oserebbe dopo secoli proclamare un'altra Crociata all'ultimo sangue così motivata? Il vero obiettivo invece, e raggiunto anche solo capziosamente quello non ci saranno altri passi avanti su vie impossibili, consiste nel fatto che sotto quelle sabbie arabiche riposano e attendono il 50% delle risorse petrolifere mondiali e in chi sarà a controllarle. Potrebbero anche cercare di vedersela direttamente come fin qui fra amministratori delegati e sultani, ma Pentagono e Al Qaeeda non intendono essere più solo spettatori senza incidere sugli esiti finali.

Non esiste una guerra vinta dalla Nato in Afghanistan (dov'è Bin Laden?) né dagli Usa in Iraq (dov'è Saddam?). Nè, analogamente, c'è guerra vinta dai russi in Cecenia, dove la resistenza continua in molti modi. Questi metodi - quando lo si capirà? - non pagano. In questa stessa rubrica, non molti numeri fa, parlando delle mappature geografiche come forme di comunicazione, scrivevo come fosse tutta propaganda dare per imminenti altri attentati come quelli di New York giustificanti così in qualche modo una "guerra preventiva"; era infatti troppo importante anche per le cellule terroritiche che andassero a buon fine le ispezioni scansaguerra dell'Onu sulle famose "armi proibite". Gli attentati, e quanti, ci sarebbero stati solo se e dopo che gli Usa avessero assalito ed occupato l'Iraq. E così è stato: a parte Israele, altro scacchiere, la settimana scorsa in successione Grozny, Riad e sabato il terzo a Casablanca. Tutti con strage, tutti con la tecnica delle Twin Towers tranne gli aerei, tutti effettuati da (4, 9, 14) commandos suicidi alla Pietro Micca, sì musulmani ma non basati nè in Iraq né in Afghanistan. Fra loro vedove di "martiri" e giovani professionisti di buona borghesia con famiglia. Però musulmani, che nell'Aldilà ci credono e che ritengono sia l'Occidente sia i loro Califfi facciano man bassa sulle risorse di Paesi le cui popolazioni restano povere. La guerra dunque non è finita nè vinta, ci sono altri teatri ed altre armi e in essa non servono portaerei, B-29, tanks. Gli Stati Uniti, violando in nome del proprio ranch il diritto internazionale per vendicare le Due Torri senza chiedersi prima perché ciò era avvenuto, hanno provocato un disastro che ha già squinternato anche l'Onu, potrà squinternare l'Europa, potrà avere conseguenze planetarie.

Fanno orrore, questi attentati, che costano vittime innocenti. Così come sono stati fonte d'orrore i bombardamenti di città, si chiamassero Sarajevo, Belgrado, Grozny, Kabul, Baghdad. In questa guerra nessuno ha ragione quanto ai mezzi,ma se guardassimo ai motivi, invece, forse torto e ragione potrebbero essere distinti. Attenzione a chi è il barbaro: ci sono indigeni padroni di una loro cultura ma anche il capitalismo sa essere selvaggio. Che si sappia, la sedia elettrica è ancora l'unico attrezzo capitale che fa morire soffrendo, e anche abbastanza atrocemente. Nell'impero di Monteczùma si facevano sacrifici umani estraendo cuori ancora vivi ma i conquistadores venivano da un'Europa che invece vivi bruciava gli eretici sui roghi. I pellerossa scotennavano gli espropriatori della loro terra, ma hanno subìto ben di peggio. Magari alcuni di loro erano cannibali, ma Africani venivano rapiti a casa loro e portati in America per mare a centinaia di migliaia come carne da lavoro, e se si ribellavano il Ku Klux Klan li linciava. Palestinesi si fanno saltare in aria per uccidere israeliani ma questi li avevano cacciati dalle loro case e occupate le loro terre condannandoli alla povertà. I ceceni occupano un teatro a Mosca per dare uno scoop della loro esistenza al mondo e Putin, uccidendo così sul luogo anche 120 cittadini russi, fa usare contro di loro la famigerata arma chimica di cui viene accusato Saddam, ma l'indipendenza alla Cecenia non la concede perché da lì passa il gasdotto che parte dall'Azerbaidhjan e va fino in Siberia. Cosa sarebbe successo in India - oggi potenza nucleare ma ancora con tanti maharajah - se l'Inghilterra non l'avesse saggiamente mollata con tanto di ammaina bandiera in presenza dell'ultimo Vicerè?

Abbiamo dedicato la puntata di oggi a forme di comunicazione che potremmo definire di backstage. Che cioè non fanno titolo di giornale ma sono l'ossatura su cui poi gli eventi altro non fanno che innestarsi. Occuparsi delle cose distraendosi dalle ragioni che le hanno prodotte e superficializzando i loro significati non è degno del livello di civiltà che diciamo di aver raggiunto. Eppure non è nel mondo della comunicazione globale che asseriamo di stare vivendo?