Il 29 aprile scorso il decreto legislativo del governo 9/IV/03 n. 70 è uscito sulla «Gazzetta ufficiale» e tre giorni dopo esso è stato inaugurato a Palermo con due denunce. C'è una svolta rivelatrice e significativa nelle norme regolanti il commercio dei supporti elettronici ormai di comunissimo uso. Rivelatrice di brutti meccanismi, significativa di errate concezioni. Scostata anche, e ambiguamente, in parte dalla direttiva europea cui il decreto stesso fa riferimento. I nuovi modi di comunicare, e in particolare i nuovi strumenti che consentono alla comunicazione d'essere conservata, riprodotta e scambiata, e cui oramai ci siamo tutti abituati, si beccano, con questo passo governativo, un balzello impositivo molto pesante. Il quale non solo è ingiusto e perfino paradossale ma è anche improduttivo ai fini dichiarati. E, se a questi fini è improduttivo, come fra poco spiegheremo, vuol anche dire che la sua finalizzazione reale è ben altra. Nulla da dire sulle due denunce scattate a Palermo, che riguardano videocassette e CD impressi e messi in commercio senza il bollino SIAE, ma il decreto in base al quale si è proceduto per ricettazione non configura solo questo reato (peraltro perseguibile anche in base a precedenti normative). E' molto più ampio, colpisce ineditamente e in maniera ingiusta anche i supporti vergini, e fin dall'acquisto oltre che per le modalità d'uso, ed è fondato su irrazionali presupposti e conseguenze anche addirittura losche. Senza beninteso che ciò comporti intenzioni di tale qualità da parte degli uffici legislativi che l'hanno allestito, i quali si dimostrano solo docili a interessi lobbistici, e sprovveduti. Chi volesse adire a conoscenza di queste nuove tavole di legge e non avesse tempo di andar per librerie in cerca di quelle poche che tengono anche i fascicoli della «G.U.», farà più presto a cliccare in Web il sito «Interlex» (pagine stampabili) dedicato alle questioni di diritto relative alle tecnologie dell'informazione, e mettersi così subito e direttamente sul tavolo la coppia di decreti in ballo (19 osticissime pagine), che sono infatti due, di stessa data, fra loro tematicamente connessi. Di che si tratta e del senso di tutto tenterò adesso di dare decodificata illustrazione.

 

Esistono gà delle case editrici nei cui volumi il margine biamco dal lato della rilegatura di ciascuna pagina reca in verticale, caratteri leggeri ma visibili, la scritta «La fotocopia non autorizzata è illegale», e chiunque veda un film in cassetta sa che prima del suo titolo leggerà l'ammonimento che la visione è autorizzata solo per godimento privato. Esiste infatti da gran tempo una legislazione sul copyright e sui diritti d'autore. Le opere scritte o audiovisive non possono essere riprodotte e commercializzate senza danno economico di chi le ha partorite dal proprio ingegno, di chi le ha editate e di chi le ha distribuite. Danno in parte reale e in parte solo presunto, intendiamoci, perché può essere benissimo che se non avessi potuto avere, gratis o a minor prezzo, una duplicazione pirata di quell'opera, non l'avrei comprata affatto e dunque non mi si sarebbe potuta vendere e giustamente guadagnarci sopra. E anche se copio su disco un programma da PC per regalarlo a mio fratello o alla mia fidanzata che non hanno i soldi per comprarselo non ho danneggiato il suo autore, che farlo arrivare a loro via negozio non avrebbe potuto.

 

Però in questo caso si tratta di prodotti comunicativi stampati o registrati, quindi di merce culturale o informativa o di svago pronta da leggere, ascoltare, vedere, lavorarci, per euro tot. La tassa che su ciò è applicata e inclusa nel prezzo serve a remunerare, loro diritto, l'autore o l'inventore. Il bollino SIAE (Società Italiana degli Autori e degli Editori) è appiciccato lì per questo: dimostra un versamento già fatto dal produttore per poterla, questa merce, legalmente diffondere e rappresenta insieme un'unità di conteggio perché la sua quota del dovuto sulle vendite vada a chi l'ha originalmente, con le sue capacità, generata. Ma immaginate invece una cosa tutta diversa, che è poi la sostanza di questo nuovo decreto (anzi come abbiamo detto due abbinati, identica data, numeri 68 e 70). E vediamo quale.

 

Che cioè - e proprio questo è quanto esso stabilisce - una maggiorata imposizione sul prodotto venga allo stesso titolo di tutela, ma stavolta preventiva, applicata a tutte le audio e video cassette, e a tutti i dischi sia floppy che compact, vergini e dunque ancora vuoti, e perfino ai masterizzatori e videoregistratori (i quali non sono un supporto ma un attrezzo), inclusi analoghi strumenti ancora da inventare. Ciò avviene infatti al momento dell'acquisto. Un supporto vergine e vuoto colpito economicamente come se contenesse un'opera d'arte e non fosse invece, metti, destinato a un rapporto al mio capoufficio o a contenere le immagini del compleanno del mio bambino! Come se - dice un corsivo de «La Stampa», primo quotidiano ad occuparsene quando il bi-decreto non era ancora uscito - si imponesse una supertassa sull'acquisto dei cacciavite solo perché essi possono altresì venire usati per effrangere una serratura. O, si potrebbe aggiungere, sulle automobili solo perché servono anche per compiere una rapina. Insomma, un prelievo forzoso compiuto dalle tasche di una massa di innocenti unicamente nella presunzione che quei supporti elettronici possano essere usati per duplicare una o più volte opere dell'ingegno altrui. L'abnormità del principio è fuori discussione.

 

L'assurdo è che: a) il diritto d'autore già da me pagato all'origine io lo paghi una seconda volta se voglio duplicare una cassetta per averne una copia anche nella casa di campagna o se voglio prestare un CD a mia zia evitando il rischio che me lo perda; b) che io non possa senza questo sovraprezzo farmi registrare ogni sera il Tg principale o, ammesso mi piacesse, il programma di Pippo Baudo dato che io la sera torno a casa troppo tardi; c) che tutto ciò che metto in floppy o su CD dal mio computer per uso personale o di lavoro deva essere pagato in più; d) che tutto questo non serva minimamente a diminuire il fenomeno delle riproduzioni pirata (su cassette audio/video e CD, perché sui floppies chi vuoi che pirateggi?), una volta che, pur pagando adesso pure lui un pedaggio superiore, all'abusivo la riproduzione "in nero" converrà sempre, sia perché la farà sempre rientrare nel più conveniente prezzo di vendita che praticherà a chi compra, sia perché lui lo fa in scala.

 

Bene, a che serve allora tutto questo? E' venuto il momento di scoprirlo, andando al nòcciolo. Ma prima estraggo da un'altra fonte (http://zeusnews.it) che mi è stata opportunamente segnalata, i dati di quanto pagheremo in più per comprare i supporti vergini che servono al nostro lavoro e al nostro svago. I rivenditori dal 29 scorso aggiungono al prezzo dei CD un incremento di imposta di oltre il 50%, ancora maggiorato se da 700 Mb, mentre per i CD solo audio questo aumento è di quasi tre volte tanto. Una videocassetta da 180 minuti costa un euro e passa in più. Masterizzatori e videoregistratori costano il 3% in più; così imparate a registrarvi un film dalla tv o a masterizzarvi un CD coi cori che avete fatto in gita. E tutto questo, naturalmente più Iva. E si badi anche che la famosa direttiva europea cui ipocritamente questa nuova generalizzata gabella si riferisce riguarda sì «gli aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione» e «L'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi», come recitano i titoli dei decreti di cui stiamo parlando, ma non si riferisce per niente a misure di carattere tributario per raggiungere gli scopi. Questa è tutta dunque farina del governo italiano.

 

Dato per scontato che l'enorme maggioranza dei supporti vergini di registrazione dati e prodotti audiovisivi in genere non lede alcun copyright e non c'entra niente con la SIAE, c'è da prendere a riferimento centrale una delle memorabili inchieste condotte dal programma «Report» di Rai3 di Milena Gabanelli, una giornalista esemplare in un campo da cui questa professione si sta per quieto vivere sempre più ritirando. Si tratta di una puntata di due anni fa e documentava come la SIAE introiti mediamente ogni anno un migliaio di miliardi (vecchie lire) di incameramenti finanziari a titolo istituzionale; da redistribuire, insomma. Dei quali, sulla base dei dati 2001, meno del 15% venga in realtà percepito dagli autori. Il resto, detratto naturalmente il provento SIAE stesso, destinato ai suoi compiti di monitoraggio e di esazione, tocca all'area editoriale/produttrice e all'Erario. Dunque anche di questo indiscriminato grosso taglione attuale, parte del leone sarà alle lobbies che dominano collegate il mercato audiovisivo e discografico e al fisco. E passi per un fisco che già si approfitta di tutto, ma per quelle e per la capacità di pressione che hanno sui luoghi dove si formano le decisioni politico-legislative (son mica da meno dei "cartelli" assicurativi, farmaceutici o petroliferi) questo è solo un grossissimo regalo fatto sulla pelle di tutti noi. Che andiamo indebitamente e sotto prepotenza a pagare di più dei prodotti i quali già vanno a gonfie vele sul mercato, mentre i pirati continueranno tranquillamente a piratare senza rimetterci proprio nulla.

 

Ben altri sarebbero gli strumenti da usare nei loro confronti: che sono poi quelli impiegati contro il contrabbando. Perché di contrabbando e falso in realtà si tratta, come per tanti altri cloni merceologici, dalle Vuitton ai Rolex, anche se nella fattispecie la tecnologia elettronica consente che la copia sia davvero in tutto identica all'originale. E anche se va detto che neppure il contrabbando delle sigarette si è mai riusciti a stroncare, nonostante in quel campo farlo fosse, e sia, più facile che in quello informatico. Ma che volete, anche questa è una storia che rientra nel classico dei due piccioni presi con una fava sola; un favore ai potenti ed un vantaggio al Fisco. E tuttavia un rimedio ci sarebbe, se mobilitazione ci fosse da parte dei consumatori puniti ancorché incolpevoli: ottenere che il Parlamento, presso cui i decreti governativi vanno convertiti in legge entro sessanta giorni, bocci questa conversione.