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Categoria: Secolo postmoderno

L'Università l'ho fatta a Padova (quanti anni fa? ormai tantissimi) e il motto di quell'Ateneo, il più antico d'Italia dopo Bologna, me lo son portato dietro. Recitava, credo reciti ancora, <<Universa universis patavina libertas>>. Intera e per tutti, cioè, la libertà della scienza colà dispensata; e quindi anche della sua discussione. Ma è la parola "università" quella che al momento mi interessa come centro del discorso e che altro non significava, fin dall'origine, se non il carattere appunto universale degli insegnamenti.
L'antica e ben netta distinzione di essi fra umanistici e scientifici, fra quelli cioè riguardanti l'uomo e quelli riguardanti la natura, è venuta - giustamente - via via affievolendosi non solo nelle nomenclature disciplinari ma anche proprio concettualmente. Non sono scienze anche quelle antropologiche che sfociano nello studio approfondito delle culture e della psiche? E l'umanesimo non entra forse per le vie dell'etica e della sociologia anche nella gestione della medicina ormai capace di manipolare i geni o della fisica pervenuta al nucleare? L'umanesimo è davvero rimasto solo storia, letteratura ed arti e la scienza solo investigazione sulla materia e i suoi agenti? Ma non è neanche questo comunque il punto, poichè non è mai venuta meno quella unificante piattaforma speculativa che noi chiamiamo filosofia e da cui entrambe le branche traggono radici. Nè l'altra anche se più contingente, cioè quella delle costruzioni, nel senso più lato, che ha suo fondamento maggiore proprio nello sposalizio fra tecniche (scientifiche) e bisogni (umani).
Il punto che merita secondo me in questa sede una riflessione specifica è invece un altro, che porta forse su un terreno, e a conclusioni pro tempore, più politici che speculativi. Dove l'aggettivo politico è comunque inteso nella sua accezione nobile; che si riferisce cioè non alla lotta per una particolare conquista di ruoli bensì ai compiti in sè del legiferare e del governare.
Le esigenze della società moderna - e di quella post-moderna ancor più - hanno attenuato il carattere universale da cui traeva appunto etimo il livello superiore di studi, per fondarsi invece di più e molto, molto fortemente sulle specializzazioni. Si è creata cioè una enorme necessità di nuovi corsi di studi che abbiano obiettivi sempre più specificamente settoriali se non addirittura subsettoriali e dunque con sempre maggiore ramificazione in àmbiti circoscrittamente mirati.
A partire, come in tanti altri campi in cui ha primato, dall'area anglosassone l'istituto del master (cioè di una sorta di iperlaurea di specializzata eccellenza) aveva dotato gli studi superiori di un livello aggiunto il quale corrisponde secondo logica perfetta a quella domanda di capacità gestionali ed operative distinte per specialità oggi più pressante che mai. E' però successivamente invalsa la tendenza (senza beninteso ciò venga inteso come qualcosa di astrattamente contraddittorio) a che già entro i confini temporali del livello universitario si procedesse a differenziazoni sempre maggiori di percorso di studi all'interno stesso delle singole Facoltà (dando così anche luogo a forme concorrenziali fra talune di esse), aprendo cioè un via via maggior ventaglio di possibili lauree. Nel nostro Paese esse sono numericamente già incamminate verso la cinquantina, in certo modo dunque configuranti una sorta di processo di mastering interno.
Come ogni cosa, anche questa presenta vantaggi e svantaggi. Che, anche a volerli considerare fatali, (probabilmente) vanno comunque elencati. I primi: maggiore possibilità di assecondamento vocazionale degli studenti; più precoce fornitura ad essi di strumenti specifici di apprendimento e pratica. I secondi: compressione della interdisciplinarie tà a livello basico per sdoppiare i gradi di laurea con l'inclusione di imsegnamenti specialistici fin dal primo; dunque ovvio recupero nel secondo anche di insegnamenti non tutti professionalizzanti in modo davvero specialistico.
Nè giusto nè sbagliato: forse inevitabile. Meritevole comunque di riflessione su qualche possibile riequilibratorio ritocco.