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Categoria: Secolo postmoderno

 

Da sotto l'ombrello aperto per ripararsi dal diluvio di messaggi che - avvertiti o non avvertiti - a ciascuno di noi piove di sopra ogni giorno ed ogni ora, ecco una piccola campionatura panoramica della comunicazione quale in senso lato è intesa oggi e in quali anche balzani modi essa si materializza per il nostro giocondo intrattenimento e insieme per la nostra biliare sofferenza. Strictu sensu noi siamo ancora cittadini, però siamo anche in un modo o nell'altro utenti di questo e di quello, ed è programma non più solo delle imprese produttrici di beni e dei commercianti nonché dei promotori di servizi, ma ormai addirittura dei governi, di trasformarci soprattutto e sempre di più in consumatori. E anche di cose delle quali proprio bisogno non ne avremmo o, pur desiderandole, non avremmo le risorse per possederle. E quindi tiè, sconti, pagamenti ritardati, finanziamenti a tasso zero, gadget e benefit, allettamenti a tentar fortuna con premi anche cospicui purché legati all'acquisto: consuma, insomma, e anche indebitandoti compra o se no tradisci il Paese. La pubblicità oggi è un mix fra Barnum e schiacciasassi. Però non si tratta solo di questo: dal canto suo mica scherza neanche la politica, che passa dall'aggressività al melodramma, dalle serenate al «I Want You» col dito puntato come nel famoso manifesto dello Zio Sam.



E allora - sia io benevolmente scusato se procederò un po' alla rinfusa e per associazioni di idee - ecco qua un po' di questi campioni. Comincio con un messaggio minimale, se vogliamo, ma seccante. La prima voce di hostess che sento, durante il mio ultimo trasferimento aereo, è per informare che stavolta non ci sarà dato nulla da bere né da sgranocchiare perché il personale di servizio cabina è in sciopero. Reazione spontaneamente immediata, e giustamente impermalita: «Ma allora perché non siete rimasti/e a terra? Tanto la giornata di paga ve la levano lo stesso...». Secondo esempio, dai giornali questo. «Nel corso del trasferimento in Libano e per guadagnare tempo i mezzi blindati e corazzati del nostro contingente saranno dipinti di bianco a bordo stesso delle navi-trasporto». Béh, questa poi, anche se avevamo già visto così quelli della precedente missione con la scritta UNIFIL sulle fiancate... Passi per la distinzione cromatica dell'elmetto da cui è derivato il nome Caschi Blu, ma che senso ha pitturare di bianco un tank che - "interposizione" su o "interposizione" giù - non è escluso possa anche essere coinvolto in combattimenti? Se è davvero - speriamolo, ma... - «missione di pace» tanto varrebbe, messaggio simbolico per messaggio simbolico, applicare ai lati di ciascun elmetto due piccole ali d'angelo. Ma altrimenti questa ostentata misura - il bianco è sinonimo di purezza e appartiene alle ambulanze - appare solo ridicola e facilitante il diventare casomai bersaglio anche da lontano.

Un elemento che caratterizza sempre più i messaggi destinati alla comunità, anche se disparati, è questo che dirò adesso. Che cosa hanno in comune la pagina pubblicitaria della Sisley raffigurante una giovane donna in nero che tiene bocconi sulle proprie ginocchia un ragazzo nudo dalle spalle alle cosce e gli sculaccia il sedere con una scarpa, e la dichiarazione così concepita del vicepresidente del Senato Calderoli «L'Iran vuole avere l'atomica? Un suggerimento a Bush: ne sganci una sopra Teheran». Hanno entrambe in comune l'eccesso. E' l'eccesso ciò senza del quale ad ogni proposito pare il messaggio non sia abbastanza efficace, e questo penso sia molto preoccupante.

Spostiamoci di campo. Che vi pare dei fantasmagorici messaggi che era venuto lanciando durante le vacanze il cavalier Berlusconi dalla sua maxi-villa sarda? Banchetti e musica, barzellette e canzoni, cortigiani a schiere, e poi "effetti speciali" tipo la terremotante eruzione di lava incandescente da un finto vulcano elettronico visibile da lungi, con enorme profluvie di soldi. Certo meno peggio così che latrare con le bave da un podio come prima, ma il contenuto messaggistico ancorché esagerato è talmente chiaro che più chiaro non si può, dato che anche quello là faceva, una festa dopo l'altra, lo stesso: «Questa è la mia Versailles e io sono sempre, non vi illudete, il Re Sole». Altro che aver cambiato natura ed intenzioni... La decodifica è dunque facile, non è che in Sardegna lui si riposava la testa, insomma. E andiamo avanti. Dice praticamente D'Alema: «In RAI niente ostracismi, basta che se ne vadano Mimum e Mezza». Cos'è, un ossìmoro o un "così fan tutti"? E quale sarà mai il messaggio che vuole di sé trasmettere il risorto Michele Santoro ripresentandosi a condurre un talk-show con i capelli non più brizzolati ma tinti id'un biondo aranciato? Darsi esteticamente per ringiovanito o che adesso sarà più buono, o altro ancora come una semplice maggior differenziazione visual da Bruno Vespa? Màh, il commento è il caso di lasciarlo a uno come Benigni...

Messaggi lanciano sempre più anche l'asfalto, le rotaie e le rotte celesti, e hanno tutti quanti lo stesso tenore: il più delle tragedie nel mondo dei trasporti son causate da difetti di manutenzione e criteri di gestione. E ce n'è uno, urbano questo, di tipo subliminale: cosa ti dicono le zebre pedonali quando sono per trascuratezza così consunte da diventare quasi impercepibili? Di camminarvi sopra con moltissima attenzione perché è probabile che l'automobilista o camionista che sopraggiunge non le veda. E ce n'è uno, poi, che viene dal mondo della marina. Avete presenti tutte queste nuove e sempre più gigantesche navi da crocera? Enormi scatole da scarpe sopraelevatissime senza neppure più prua e poppa distinguibili, con dentro migliaia di letti fra cabine, suites e dormitori-equipaggio e piene di ristoranti, discoteche, cinema e piscine? Il primo messaggio è un pugno allo stomaco: fine dell'eleganza del design nautico, ucciso dal business. Nessuno, intendiamoci, pretende più svettanti polene scolpite, ma neanche che somiglino a dei TIR acquatici è cosa di gusto. Il secondo è più recondito e lo colgono in pochi: quante scialuppe di salvataggio dovrebbero essere allineate e pronte come una volta lungo le fiancate per poter contenere tutti per una sia pur remota occorrenza che, tocchiamo ferro, si verificasse? Anche se orribili a vedersi come un grattacielo condominiale saranno certo più sicuri d'un tempo, 'sti bastimenti, ma levano altrettanto certamente la voglia a chi della vacanza non se ne fa uno status symbol.

Quanto ai messaggi che si ricevono quando ci si rivolge telefonicamente a una megastruttura o a un semplice servizio all'utenza dotati di voci registrate (desidera questo, desidera quello? ...pigi 1, pigi 2 ... pigi 5 o 7... se vuole un operatore sono tutti impegnati e ascolti una musichetta finché non ce n'è uno libero, e non chiuda se no perde il turno), ma anche se poi pervenissi, estenuatissimo, ad ascoltare finalmente una voce umana, anche quella ti farebbe una domanda alla volta (mi dica questo, mi dica quello...). Insomma, tu non puoi "esprimere" l'accaduto o la tua necessità, devi solo "rispondere" a uno schema prestabilito nel quale potresti anche non rientrare, ed il messaggio complessivo che ti arriva da tuttociò è il seguente ed è un ritratto implacabile dell'odierno modus vivendi cui questo terzo millennio ci costringe. La parola d'ordine della "civiltà" in cui stiamo odiernamente vivendo è SEMPLIFICARE. Essere testati e sondati, essere numerizzati e classificati. La ricetta è questa e si applica ormai in un numero inverosimile di campi. Dai defatiganti moduli da riempire per qualsiasi cosa agli esami scolastici ed universitari dove devi soltanto incasellare crocette, alle tessere magnetiche che ti diagnosticheranno malattie. Tutta roba che saranno poi dei computer a leggere in automatico. Vieni anche tenuto lontano dalle librerie perché si incaricano le testate giornalistiche di cellofanarti o allegarti la roba rilegata da leggere che decidono loro. Non ti si lascia più scegliere, ma ti si impone il frutto delle cosiddette "ricerche di mercato" e tutto si anonimizza secondo statistica, secondo il noto assioma circolare dell'uovo e della gallina. Ma tutto questo è davvero "semplificare"? E un mondo divenuto così complesso è davvero "semplificabile" senza rischio? Mentre per converso la politica diventa da parte sua così sofisticata e garbugliosa, perdendo insieme il senso della storia, da renderla incomprensibile ai più sino al disamoramento da essa. Il che configura poi tutto il rischio maggiore da potersi correre: essa non determina più l'economia ma ne è serva, e sostituisce il diritto con la contingenza.

C'è una fortuna però - e smetto di continuare con questi variegati esempi - ed è quella che tuttociò emargina sì dal sociale poeti e filosofi, scambia per artisti coloro che non lo sono, dispone solo di leaders riciclati, e non è invece in grado di eliminare ciò che proprio sia concettualmente che di fatto eliminabile non è: l'intelligenza e la fantasia individuali. Sospinti come incessantemente siamo da tali contesti a rifugiarci nell'immaginario e nel virtuale, restiamo altresì in grado di resistere a ciò ed a calare nel reale e nel concreto la nostra ragione e la nostra creatività, i nostri sentimenti ed il nostro impegno. Minoritariamente? Sì, certo, ma forse è proprio questo che ci dà gusto e gioia nel praticarlo, e lascia che qualcosa di importante ci sorrida lo stesso. L'avventura del mondo, se sapremo nuotarci dentro non solo fisicamente ma anche col pensiero e il suo carburante che sono appunto raziocinio e fantasia, ci scamperà dall'essere gregge, dallo smarrire il senso critico e dall'essere solo recettori di messaggi e non anche lanciatori di quelli contrapposti. Si tratta solo di vivere in piedi e non seduti, mostrando la fronte e non volgendo la schiena. Armi, soprattutto intellettuali, ne abbiamo pure noi e non è detto che siano meno affilate di spade che possono anch'esse spuntarsi.

E questo mi permette di chiudere comunque in positivo una rubrica che ha voluto stavolta essere più beffarda che tragica come lo era invece stata - molto responsabilmente, però - la precedente.