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Categoria: Secolo postmoderno

Un consuntivo lo si fa ogni anno, i mattoncini già si son cominciati ad allineare senza darci ancora idea precisa del risultato finale. Parlo dell'anno accademico, non di quello solare, e di un consuntivo dunque che stavolta sarà particolarmente importante: il primo dell'università riformata. Le novità di cui andranno valutati i risultati sono tre: 1 - ci si laurea in tre anni, non più in quattro o cinque (solo medicina ha mantenuto i sei); 2 - è introdotto il "credito", unità di misura dell'apprendimento: ne va accumulato un numero prefissato; 3 - parte delle materie è frammentata modularmente; p.es. una materia conferente 9 crediti può essere composta di due moduli, 6 più 3, o tre da 3, con specificità diverse e possibilità sian diversi anche i docenti.
L'osso della questione, per ciascuno di questi punti sarà dunque il seguente.
a) Il dato pre-riforma, peggiorato di anno in anno, era che su 10 studenti se ne laureavano 3, gli altri mollavano. Adesso che si diventa dottori in soli tre anni, quale effetto numerico sulle iscrizioni? e quanti studenti iscritti al vecchio ordinamento avranno optato per il nuovo? Prevista anche una laurea (biennale) di secondo livello fornente specializzazione, ma quanti vorranno diventare bi-dottori acquisendo, dopo la prima, anche quella più qualificante non potrà essere nozione immediata.
b) Sola unità di misura sull'apprendimento finora esistente era il voto di profitto. Anche dopo abolita la firma di frequenza, restava comunque capace di indicare un livello di qualità. L'introdotto secondo parametro invece è solo quantitativo: oltre alle materie e moduli superati contempla, in cifra convenzionale, il tempo di studio a casa; uguale per tutti mentre, sappiamo, non è così. Sarà dunque interessante costatare i risultati dell'innovazione anche in riferimento al dato qualitativo.
c) La modularità delle materie introdotta come sistema crea a sua volta curiosità circa i risultati producibili. Soprattutto nel configurare i piani di studio, finora costruiti in base a scelte vocazionali ed inclinazioni per questo o quell'approfondimento; ora primariamente influenzate, invece, dal valore in crediti di ogni singola disciplina e dal totale raggiungibile pure con segmenti di materia di varia estrazione. I singoli Atenei non gestiscono tutti allo stesso modo l'articolabilità modulare, e anche confrontare questi risultati sarà interessante.
La riforma ha pure moltiplicato i campi in cui laurearsi. Prima ciò si raggiungeva nel lavoro per la tesi, con approfondimenti tematici variatissimi; ora - e in tre anni - si potrà diventare dottori in oltre un migliaio di titoli. Il che ha prodotto anche seri problemi di bilancio: a parte nuove acquisizioni immobiliari, occorrono più attrezzature e più differenziate, più docenti e più specializzati, più personale per uffici e servizi.
La riforma della scuola media ha creato subbuglio di insegnanti, è diventata battaglia, è stata impugnata. Le intenzioni di rivisitazione neoministeriale su quella universitaria non sono ancora chiarissime, e a livello docente si sono manifestate aree di disagio e anche giudizi negativi ma è alla fine prevalsa un'acquiescenza di massima. A questo punto solo le risultanze consuntive, statistiche e di merito, possono riaprire una discussione docenti-studenti-governo-società su quest'università mutante in via di postmodernizzarsi (termine non negativo, solo oggettivo e fatale) anch'essa; per ibridazione meccanica nel suo caso, come dice Eco, da modelli anglosassoni di ben altro contesto. Da qui a giugno bene prendere dunque appunti un po' tutti.