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Categoria: Secolo postmoderno

Comunicazione, linguaggio. Dunque suoni, gesti, segni alfanumerici; anche colori. Icone identificanti (stemmi, bandiere, loghi). Frasi in un romanzo ma anche in una sinfonia. Slogan e spot. "Eja eja eja alalà" e "Alè ohòo". In sostanza, comunque, sempre parole. O simboli che a parole siano riconducibili. Possono produrre effetti cognitivi, o persuasivi, o anche solo inerziali. Stavolta giochiamo con tre di esse, così, per esercizio, cogliendole dall'attualità. Non hanno nulla in comune fra loro se non appunto una momentanea, come dire, intensità di circuito. Sono un nome, un aggettivo, un sostantivo composto e l'esercizio serve a mantenerci l'abitudine di non limitarci a recepirle dai media e di notarle rimbalzare di bocca in bocca sino ad assuefazione passiva, ma di sottoporle ad un'attenta analisi clinica. Per renderci conto al meglio sia del senso che hanno in realtà sia delle motivazioni d'uso che ce le impongono.
La prima di queste parole è Halloween, esplosa quasi dal nulla e inaspettatamente anche da noi nell'ottobre di quest'anno: le vetrine si sono d'improvviso popolate di zucche di cartapesta e plastica di tutte le dimensioni con occhi e bocca scavati e una lucetta dentro, e i nostri bambini ci hanno in massa costretti a comprargliele, anche fatte di pasticceria o in abbinamento a giocattoli da regalo. Negli Stati Uniti è una festa (di origini contadine ma divenuta invasiva poi anche nelle metropoli) secolare. Alla nozione delle nostre parti era invece giunta, pur restandoci emotivamente/culturalmente estranea, soltanto attraverso i fumetti e poi un paio di film, avendo dunque come tramite diretto i ragazzini più che gli adulti. Chi ne aveva mai sentito parlare qui, tranne i cultori di mitologie e leggende, prima che negli anni '70 la matita di Schultz avesse, sulle pagine di "Linus", fatto insistentemente appostare a buio fra i cespugli Charlie Brown e gli altri Peanuts in attesa del Grande Cocomero?
Ma anche in Nordamerica era stata a suo tempo introdotta dall'esterno, e fin da quando era colonia, tramite l'immigrazione irlandese. Perchè è un rito celtico millenario, risalente al primo secolo avanti Cristo, quello per cui con la fine dei raccolti e il ritiro del bestiame nelle stalle tutti si chiudevano in casa e si dedicavano, in una notte poi stabilizzata fra il 31 ottobre e il 1° novembre, al ricordo dei morti. Le cui anime però, poichè in quella notte erano girovaganti e trasmigranti, le tenevano lontane mettendo a guardia delle case, su porte e finestre, cucurbitacee svuotate e sforate a mo' di maschera incutente rispetto, con dentro una candela accesa. Anche per rassicurare i bambini. La zucca infatti, per quell'enorme quantità di semi che contiene, è intesa come simbolo inverso a quello della morte e cioè di fertilità e dunque di vita. Da noi una diversa traccia di ciò, cioè del rapporto fra le anime dei morti ed i bambini, era sino a quest'anno rimasta solo nella contiguità delle due ricorrenze di Ognissanti e dei Defunti. I quali ultimi, nella tradizione ispanica (e quindi anche in Messico e in Sicilia) i bambini se li cattivano con regali. E le occasioni europee di regali ai bimbi sono del resto tutte invernali: Babbo Natale, Befana, nell'alto Adriatico anche Sannicolò, e Nonno Gelo in Russia. Adesso, ma guarda, ecco che così se n'è aggiunta un'altra. Che allunga l'elenco via via già incollanato per i grandi di San Valentino o degli Innamorati, della festa della Mamma e della festa del Papà.
Hallow'een è la contrazione moderna di all hallow even, cioè letteralmente vigilia di ognissanti (dove "even" è a sua volta contrazione di evening, sera, partendo da "eve" che è veglia ) e in essa è costanza dei bambini americani di scambiare con gli adulti scherzetti, spesso macabri, con dolcetti. In antico si chiamava Samhain e segnava insieme l'inizio dell'inverno e del nuovo anno celtico. Ma, attenzione, indicava pure - traggo questa inquietante citazione da "Celtic Myths", attento e interessante libro di Jane Green tradotto in Italia da Mondadori - "un momento di grande pericolo, in cui il tempo e lo spazio erano temporaneamente sospesi, insieme con le leggi normali". In cui, dunque, anche tutto il più imprevedibile poteva accadere. Ora, che Halloween sbuchi di colpo esportandosi con tanta vistosità fin qui proprio quando da settembre praticamente l'intero mondo vive la grande e nota suspense che ci imbrividisce tutti va considerata, io penso, una coincidenza. Quella che infatti preferisco è un'altra versione, invece prettamente commerciale e sorretta da stimoli pubblicitari di mercato. La fine dell'anno è caratterizzata in termini ormai sempre accrescitivi da un incremento di spesa nel campo dei consumi, e i bambini sono peraltro lungo tutto l'anno considerati un primario motore di marketing, un target cioè di grandi dimensioni dimostratamente rivelatosi capace di trasformarsi in efficacissimo pressure group sugli adulti. Introdurre sul mercato un'occasione ulteriore di acquisto dolciario e ludico è pertanto da ritenere abbastanza verosimile movente dell'affacciarsi costì di una nuova tradizione finora non appartenutaci o sotto qualche aspetto spostata in Carnevale: il "Dizionario dell'uso" di Tullio De Mauro segnala la prima comparsa scritta, in un servizio giornalistico, della parola Halloween in Italia solo nel 1995.
Anche il settore alimentare infatti è diventato in cospicua parte appannaggio, pur nel mantenimento dei marchi originari, delle grandi multinazionali. Motta e Alemagna, per esempio, fanno parte entrambe da tempo di un'unica controllante che é, mi pare, la Nestlè. E siamo già nel periodo in cui appunto sta per partire la grande operazione di rastrellamento delle tredicesime mensilità. Non ne ho sottomano di più recenti mentre sto scrivendo, ma l'ultima volta che mi ero annotato questo dato, due anni fa, e ora lo ritrovo, il 43% della "tredicesima" degli italiani (ehi: 51.450 miliardi!) era appunto stato assorbito da acquisti motivati dalle festività: il resto, si sa, è routine obbligata di imposte, canoni, bolli, rate-mutuo e assicurazioni. La festa più vistosa rimane sempre Capodanno (ricordate quando la pubblicità delle lobbies produttrici riuscì a violare persino il sistema aritmetico decimale persuadendoci che il nuovo millennio da festeggiare iniziava il 1° gennaio 2000 invece che con quello del 2001, costringendoci così ad un per esse fruttuosissimo anticipo?) e finanche la squisitamente religiosa Natività si viene traformando di anno in anno in un superfestival delle Grandi Marche mentre per Pasqua le navi da crociera entrano in concorrenza con le cattedrali. C'è allora da pensare, dopo il presente positivo assaggio, che anche nel prossimo 2002 il nuovo avamposto di Halloween si sarà cospicuamente consolidato. La postmodernità del resto consiste anche in questo: nella indotta globalizzazione, cioè, perfino delle tradizioni più specificamente caratterizzate da radici culturali molto particolari, cui si può insomma anche tranquillamente cambiare (o adattare, o semplicemente ignorare) sia la natura che il significato.
Avevo detto all'inizio che le parole di cui volevo occuparmi erano tre. La prima ha finito col, non inutilmente, prendersi l'intero spazio della rubrica. Le altre due restano dunque in stand by per quella della prossima settimana.