Stampa
Categoria: Secolo postmoderno

Arnold Schwarzenegger, da poco governatore della California, è stato (ricordate la serie di «Terminator»?) più volte cyborg, al cinema. E anche in un recente zapping televisivo l'ho visto con fili elettrici che gli uscivano dal collo sotto la nuca. I film ci mostrano spesso, di questi tempi, esseri semiumani parte del cui corpo è metallica o che hanno sportellini toracici dentro cui sono allogati congegni e piastrine. Perché del resto farcene meraviglia se fin dall'antichità l'uomo ha mostrato voglia d'evocare intorno a sè centauri, fauni e sirene, e l'impiantistica di un Minotauro? Oggi che siamo nell'èra tecnologica non è assolutamente fenomeno diverso quest'immaginare quasi ovvio di coniugazioni più consone alla postmodernità. E del resto anche la medicina ha imparato a trapiantare nei nostri corpi ricambi organici di provenienza animale; esiste un'ortopedìa capace, dopo un'amputazione, di dare semovenza ad arti di plastica che ricevono da noi impulso volitivo in quanto si attua connessione fra il nostro sistema nervoso e pezzi di "meccano" elettronico applicati all'interno di quelli; nascono esseri umani perfetti che non hanno né mamma né papà in quanto formati in uteri da noleggio, ove son stati germinati da uno spermatozoo frutto di un'antica ed anonima masturbazione previsionalmente finalizzata e a lungo conservato in una «banca del freddo». E, anche se non l'abbiamo ancora fatto (o magari non lo sappiamo con certezza), tecnicamente è già possibile giustapporre incastrandoli gli esiti viventi di due distinte e poi fuse clonazioni di differente specie. Fine del prologo. Passiamo alle scienze della comunicazione, che è il nostro campo.

Adesso l'uomo si pone in contatto con altri uomini, ma anche con strutture e con siti immateriali, così dando e ricevendo informazioni, attraverso apparecchiature di vario tipo, ormai diventate anche ordinari elettredomestici di casa ed accessori individuali e non solo attrezzi di laboratorio o d'ufficio. Non molto tempo fa, diciamo quando coloro che hanno la mia età eravamo ancora piccoli, un computer era grande come un appartamento, pur senza riuscire ad essere quella lampada di Aladino che anche il meno costoso ed ingombrante di essi oggi è. E la tendenza, velocissima, è quella di ridurlo sempre più. Perfino un normale televisore è diventato una specie di tabella di scarso spessore che si appende al muro come un quadro. Ma sono computer ormai anche le macchine da cucire (come sembra lontanissima l'epoca in cui andavano a pedale) le quali oggi per essere adoperate abbisognerebbero forse di un'apposita patente; ed è un computer - nel palmo d'una sola mano ce ne stanno anche due - la macchina fotografica, nata, per chi può ricordarlo, dotata di un treppiede che la sostenesse ed oggi a funzionamento digitale. La corsa al sempre più piatto, al sempre più leggero, al sempre più piccolo, sino alle estreme (per ora) miniaturizzazioni dei telefoni cellulari - che peraltro corrisponde a una sempre maggiore sofisticazione d'uso e di possibilità agenti - ha comunque una sua logica. Che non è eccessivo definire implacabile.

Nanotecnologìa è un neologismo con cui dovremo per forza sempre più coabitare. Gli scienziati sono arrivati già da un po' a costruire macchinette anche complesse che essi non vedono o, più precisamente, che vedono soltanto se le pongono sotto a un microscopio, fatte come sono di corpuscolini di silicio sagomati ed assemblati mediante raggi laser supersottili. E' abbastanza ovvia la nostra voglia che, salve le dimensioni di uno schermo che ci serve ampio (ma non in tutti i casi), i computer occupino sempre meno spazio sui nostri tavoli, da fissi si trasformino in portatili, da portatili diventino da tasca, e dalla tasca finiscano poi per passare al polso. Lo strumento che infatti da semplice parla-ascolta sta via via incorporando anche le funzioni abituali di un computer e quelle di una fotocamera e di un televisore, è proprio il telefonino che teniamo in saccoccia oppure alla cintura. E che molti giapponesi già tengono allacciato, se non sono mancini, appunto al polso sinistro in quanto è con le dita della mano destra che vi si digita. E' un percorso fatale, ma ne sappiamo abbastanza per legittimarci a supporre che no, non finisce affatto qui. E perché infatti dovrebbe?

Il nostro bisogno di comunicare ha reso le sue procedure sempre più complesse. Dal comunicare direttamente col corpo (gesti, voce), al comunicare impiegandovi tempo attraverso la scrittura (per quanti millenni?) ed attendendo per un altro gran tempo la risposta, al comunicare più velocemente via filo e via cavo ma con forte dispendio di materiali, di risorse e di personale addetto. Al comunicare - finalmente - in tempo reale e bidirezionalmente anche a distanza planetaria grazie allo stadio raggiunto da scienza e tecnologìa. Questa velocizzazione non ha diminuito tale complessità, basta che si pensi alla necessità di strutture satellitari, o alle dimensioni dei manuali d'uso che accompagnano l'acquisto d'ogni oggetto digitale, ma ha contemporaneamente indotto un sempre maggior bisogno di praticità da parte del singolo utente, costretto ad essere insieme anche operatore. E allora, non potendo passare dall'elettronica alla telepatìa, è nel campo dell'elettronica che occorrerà restare, magari collegandola - qualcuno già ci pensa - a qualche altra branca scientifica.

Avrete sentito parlare di quel metodo dissuasivo dall'aspirar tabacco acceso consistente nell'applicazione al braccio d'un cerotto che, rimanendo per un certo tempo in loco, rilascia lentamente attraverso la pelle delle sostanze chimiche le quali, risalendo lungo i capillari sanguigni, alla fine provocano rigetto dalla nicotina. Un metodo che però non sempre raggiunge i risultati voluti, o non li raggiunge con pienezza o in modo durevole. Si è pensato allora a un'inserzione sottopelle, con una piccola incisione facile a cicatrizzarsi, di una minuscola, come chiamarla? forse "stazione farmaceutica"? destinata a restar li stabile. Con quella, pare, se anche fino a quel momento fumavi con gusto ottanta sigarette al giorno, l'indomani appena ne accendi una vomiti l'anima e ti viene anche la febbre. Più drastici di così... Speriamo nessuno lo dica al ministro Sirchia se no rende questa roba obbligatoria per legge. Ma con questo riferimento siamo così arrivati all'aggancio col concetto che avevo espresso nel titolo, da cui aveva preso le mosse questo testo e che mi accingo ora a svolgere con un certo turbamento e anche con un tantino di rassegnazione.

L'uomo, che dapprima comunicava direttamente e quindi lo poteva fare solo da vicino, allungando poi via via la sua portata con segnali di fumo, tam-tam, bandierine, telegrafi ottici, passo-e-chiudo, e adesso dappertutto arriva in un fiat e da dovunque in un fiat riceve, multimedialmente, ora potrebbe - capito dove si va a parare? - di nuovo direttamente comunicare, ma a un livello superiore; cioè stavolta da e per lontanissimo. Alla NASA si affaccendano moltissimo a studiare queste cose. L'uomo è egli stesso un conduttore elettrico, anche se abastanza labile: ci si accorge di ciò qualche volta toccando suolo nello scendere dall'auto, o vedendosi rizzare i peli sulle braccia se troppo vicine a un catodico tv. Così difficile pensare a potenziarlo, quest'uomo? Se sottopelle si può inserire, come più su s'è detto, un "regolatore", perché non anche un impiantino trasmittente? e ricevente? e capace d'elaborare dati in connessione wireless coi neuroni cerebrali? Potremmo chiamarlo "cimicetta" ma sarebbe proprio un microchip la metà d'un'unghia mignola, pieno di nanotecnologìe raffinatissime. Comandabile dal nostro encefalo e al nostro encefalo riferente. Dove sarebbe più utile e funzionale, più ragionevole, inserirlo? Al polso stesso? In cima allo sterno? Tra le scapole? Sotto la nuca? Fra i capelli? Bòh, sono un profano, anche se capisco che, ovunque stèsse, fastidio non darebbe e invisibile sarebbe anche la cicatrice. Resta da sapere cosa ci faremmo. Oh, ma una quantità di cose: tutte quelle cioè che si posson fare giocando con input ed output. In sostanza e anzitutto: CONNETTERSI. Saremmo connessi sempre, senza interruzione. Un segnale sensoriale ci avvertirebbe se qualcosa è per noi in arrivo (un tessuto di impulsi che costituisce messaggio), una nostra emissione cerebrale farebbe da clic perché qualcosa parta da noi per altrove ed altrochì.

Ecco dunque, ma già era sospettabile, cosa viene, verrà, incombe, minaccia, dopo l'aggeggino al polso. Il "sottopelle": qualcosa di interno, chirurgicamente senza dolore e senza rischio inserito. Diventato così me medesimo, l'Io Cyborg che fa anche da modem a se stesso. Autosufficiente pure quando sono in strada e persino nella vasca da bagno o nuotando a mare. Un computerino esterno, beninteso, ci vorrà sempre perché io non potrò essere anche archivio e finestra scrittoria e quel che mando non me lo potrò prima digitare qua dentro, e poi le immagini le dovrò pur vedere. Ma che ci vuole ad avere con me anche un piccolo specchietto-video wireless per riceverle e una webcamerucola altrettanto, di quelle minimissime con cui si fanno le scopìe gastriche e rettali, per mostrare io ad altri sulla terra dallo spazio rimbalzando? Sarebbe come avere in tutto un pacchetto di sigarette a portata di mano, o anche meno. Forse ho giocato anch'io un poco stavolta a fare il terrorista, ma credetemi se affermo di non descrivere cose impossibili. All'elenco dei piercing e dei tattoo, tutti interventi di minichirurgìa talvolta più che audace temeraria e d'intenzione estetica, non sarà mica fantascienza aggiungerne uno che tracce visibili su noi non ne lascierà ma farà di noi tanti piccoli non Supermen ma per intanto Supercommunicators. Un nèo però lo devo segnalare, che può diventare anche maligno (accade già con i computer correnti, con cookies, virus, spam e pratiche hackeroidi varie): quando apriamo un'autostrada da noi verso il resto del mondo, quell'autostrada può essere percorsa anche in senso inverso e da distanze oscure, da anonimi registi, si potrebbero condurre a irrompere dentro di noi idee che non ci sarebbero altrimenti persuasive, e protocolli comportamentali soggetti a volontà altrui. La Storia non dovrebbe permettere l'apparizione di un altro Hitler, vero?, con a disposizione ben altro che le sole suggestioni goebbelsiane acusticamente emesse via radio, le quali sottilmente subliminali ancora non erano, ma lo stesso efficaci nella loro smaccatezza violenta e impudica. Ma noi sappiamo anche che la Storia non è buona alunna di se stessa.